L’asta della collezione di Hubert de Givenchy – Christie’s 2022

Hubert de Givenchy era un uomo di straordinaria eleganza, discrezione e raffinatezza — qualità che hanno permeato non solo le sue creazioni, ma anche il suo modo di essere. Nato in una famiglia aristocratica nel 1927 a Beauvais, in Francia, Givenchy coltivò fin da giovane un gusto innato per la bellezza, l’armonia e la misura. Questi tratti lo hanno reso una figura unica nel mondo della moda del Novecento.

Hubert de Givenchy nel 1960 in Francia. Getty Images
Hubert de Givenchy nel 1960 in Francia. Getty Images

La sua personalità era contraddistinta da una naturale gentilezza e riservatezza. Non amava i riflettori sulla sua persona, preferendo lasciare che fossero le sue creazioni a parlare. Questa sobrietà lo rese molto apprezzato da muse e clienti illustri, prima fra tutte Audrey Hepburn, con cui condivise un rapporto artistico e umano profondissimo.

Hubert de Givenchy nel suo atelier parigino Sunset Boulevard/Getty Images
Hubert de Givenchy nel suo atelier parigino Sunset Boulevard/Getty Images
Audrey Hepburn nell'elegante e semplice vestitino nero di Mr. Givenchy nei panni di Holly Golightly nel film del 1961 "Colazione da Tiffany".Getty Images
Audrey Hepburn nell’elegante e semplice vestitino nero di Givenchy nei panni di Holly Golightly nel film del 1961 “Colazione da Tiffany”.Getty Images

Con lei, Givenchy espresse il lato più poetico della sua creatività, basata su una visione della femminilità elegante, delicata ma mai fragile.

Givenchy era anche perfezionista e meticoloso, qualità che lo resero uno dei couturier più rispettati del suo tempo. Era affascinato dall’equilibrio tra forma e funzione, e il suo stile rifletteva un lusso mai ostentato, ma sempre riconoscibile per la sua purezza e misura.

Hubert de Givenchy haute couture primavera estate 1993 Foto dal libro Givenchy - Sfilata ©firstVIEW/Lauchmetrics
Hubert de Givenchy haute couture primavera estate 1993
 Foto dal libro Givenchy – Sfilata firstVIEW/Lauchmetrics
Sfilata del autunno inverno 1995 Foto dal libro Givenchy - Sfilata ©firstVIEW/Lauchmetrics
Sfilata del autunno inverno 1995 Foto dal libro Givenchy – Sfilata firstVIEW/Lauchmetrics

Nonostante il successo internazionale, rimase sempre umile e rispettoso della tradizione sartoriale francese, portando avanti un’idea di moda come forma d’arte e di servizio verso la donna. Era affabile ma riservato, carismatico senza essere invadente, un vero “gentiluomo della moda”.

Hubert de Givenchy con i suoi modelli dopo aver mostrato la sua collezione couture autunno-inverno a Parigi nel 1995. Lionel Cironneau/Associated Press

Hôtel d’Orrouer e la sua collezione

Nel cuore del settimo arrondissement di Parigi, al civico 78 di rue de Grenelle, si trova uno degli edifici più affascinanti del panorama aristocratico parigino: l’Hôtel d’Orrouer.

L'esterno dell'Hôtel d'Orrouer, in Rue de Grenelle. Foto WMagazine
L’esterno dell’Hôtel d’Orrouer, in Rue de Grenelle. Foto WMagazine

Costruito nel 1732 in pieno stile Régence, questa residenza signorile venne scelta nel 1986 da Hubert de Givenchy come dimora cittadina, diventando negli anni a venire un vero e proprio rifugio estetico, oltre che una dichiarazione vivente del suo gusto inconfondibile.

Lo stilista, noto per la sua eleganza sobria e il culto delle proporzioni, acquistò inizialmente il secondo piano dell’edificio, all’epoca appartenente a Susan Gutfreund, e intraprese un restauro minuzioso che durò sette anni. Successivamente ottenne anche il pianterreno, dando forma a uno degli ambienti abitativi più sofisticati e armoniosi della Parigi contemporanea.

Il pianerottolo al primo piano. Foto WMagazine
Il pianerottolo al primo piano. Foto WMagazine

All’ingresso, una grande porta verde scuro — tonalità prediletta da Givenchy — introduceva in un mondo silenzioso, dove l’equilibrio tra arte, architettura e design si manifestava con naturalezza. L’interno dell’Hôtel d’Orrouer non era un museo, ma un ambiente vissuto, costruito con passione e precisione.

Ogni stanza raccontava una storia fatta di arte moderna e arredi antichi, combinati con un senso della misura rarissimo.

Nel salone del cortile della casa, Faun With a Spear di Picasso, 1947, è fiancheggiato da Sans Titre di Antoni Tàpies, 1977 (in basso a destra) e Faunes et Tête de Femme di Picasso, 1946 (in basso a sinistra).
Nel salone del cortile della casa, Faun With a Spear di Picasso, 1947, è fiancheggiato da Sans Titre di Antoni Tàpies, 1977 (in basso a destra) e Faunes et Tête de Femme di Picasso, 1946 (in basso a sinistra).

Nelle sale più ampie spiccavano sculture di Giacometti e bronzi dorati del XVIII secolo, accanto a tele di Picasso, Miró, de Staël e Kurt Schwitters. Il celebre “salon sur cour”, affacciato sul cortile interno, accoglieva i visitatori in un equilibrio perfetto tra forza materica e leggerezza formale: qui, mobili Régence dialogavano con tappeti Aubusson e una console che un tempo era appartenuta a Coco Chanel.

Nel salone sul cortile dell'hotel d'Orrouer, tra oggetti d'arte e mobili del secolo dei Lumi, domina una Donna che cammina, di Alberto Giacometti, 1955, accompagnata da un assemblaggio dipinto da Kurt Schwitters e da un disegno di Joan Miró. Christie's images limited;  Alberto Giacometti/ADAGP, 2022; Joan Miró/ADAGP, 2022
Nel salone sul cortile dell’hotel d’Orrouer, tra oggetti d’arte e mobili del secolo dei Lumi, domina una Donna che cammina, di Alberto Giacometti, 1955, accompagnata da un assemblaggio dipinto da Kurt Schwitters e da un disegno di Joan Miró. Christie’s images limited; Alberto Giacometti/ADAGP, 2022; Joan Miró/ADAGP, 2022
Il soggiorno Empire dell’Hôtel d’Orrouer del XVIII secolo di Hubert de Givenchy, a Parigi. Foto WMagazine

La collezione di Hubert de Givenchy era un’estensione naturale del suo stile personale. Le sedute — più di quattrocento solo in questa residenza — erano spesso rivestite con pelli naturali, stoffe ispirate a Georges Braque, o tessuti semplici ma preziosi, selezionati con l’aiuto degli stessi artigiani che realizzavano i suoi guanti.

La palette cromatica si muoveva in tonalità contenute e raffinate: verdi salvia, bianchi morbidi, neri vellutati e accenti dorati. Nulla era lasciato al caso. Ogni oggetto, ogni quadro, ogni candelabro aveva una provenienza precisa, una genealogia riconosciuta, e veniva scelto non solo per la bellezza formale ma per la storia che portava con sé. Le girandole di Thomire, i candelabri di Gouthière, le commode Boulle e i mobili firmati Diego Giacometti — con le loro evocazioni animali e le superfici lavorate — contribuivano a creare una narrazione coerente, colta e insieme intima.

Hotel d’Orrouer’s Red Bedroom. Foto WMagazine

L’Hôtel d’Orrouer, per Givenchy, era più che una casa: era il suo manifesto privato. Lì si rifletteva la stessa visione che aveva definito i suoi abiti: rigore e semplicità, eleganza senza ostentazione, un gusto nobile ma accessibile. In quelle stanze silenziose, tra parquet antichi, specchi veneziani e dipinti moderni, si sentiva il battito lento di una Parigi che non ha fretta di cambiare, e che attraverso figure come Givenchy ha saputo custodire l’arte di vivere con grazia.

Château du Jonchet

Nelle tranquille campagne della Valle della Loira, tra paesaggi dolci e silenzi densi di storia, sorge il Château du Jonchet, una tenuta del XVI secolo situata lungo le rive del fiume Aigre.

Costruito nel XVI e XVII secolo nella Valle della Loira, l’Oiseau de jardín II, in bronzo patinato, di François-Xavier Lalanne, 2001, è stato collocato vicino al trosato. Un regalo che è stato dato al padrone di casa. © Christie’s images limited; © François-Xavier Lalanne/ADAGP, 2022
François Halard / Christies via Madame Le Figaro
François Halard / Christies via Madame Le Figaro

Questo castello rinascimentale, sobrio ed elegante, divenne la dimora prediletta di Hubert de Givenchy, un rifugio fuori dal tempo dove lo stilista poteva coltivare un’estetica più intima, più silenziosa, ma non meno raffinata. Acquistato negli anni Sessanta, il castello fu restaurato con un senso filologico e artistico quasi maniacale, diventando una perfetta espressione del suo gusto aristocratico ma mai ostentato.

Una meridiana si alza da un giardino recintato / foto di Pablo Zamora (via AD)
Una meridiana si alza da un giardino recintato / foto di Pablo Zamora (via AD)
Foto di Christopher Simon Sykes per House Beautiful tramite The Peak of Chic
Givenchy nel suo giardino / Foto di Christopher Simon Sykes per House Beautiful via The Peak of Chic

Il Jonchet non era soltanto una residenza, ma un luogo dell’anima, plasmato nel corso di decenni insieme al compagno di vita Philippe Venet. Ogni ambiente raccontava la loro visione condivisa di armonia tra arte, natura e vita quotidiana. I giardini, progettati con attenzione quasi pittorica, si aprivano in prospettive classiche, costellati da sculture bronzee, urne antiche e figure animali che sembravano vegliare sul paesaggio.

Givenchy a Le Jonchet, 1977, foto di Jean-Régis Roustan / via AD
Givenchy a Le Jonchet, 1977, foto di Jean-Régis Roustan / via AD

All’interno, la casa rivelava un’intimità ricercata, calda, colta. Le stanze erano vissute, accoglienti, arredate con una sensibilità che mescolava semplicità e raffinatezza: piccoli bronzi dorati su tavoli in legno cerato, librerie antiche, sedute rivestite in lino, pareti adornate da disegni antichi e tele di grandi maestri come Picasso e Miró.

Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD
Foto Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD
Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD
Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD
Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD
Foto É. Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD

Diego Giacometti, amico e collaboratore, firmò molte delle opere che punteggiavano sia gli esterni sia gli interni: cervi, uccelli, figure totemiche che aggiungevano poesia al rigore architettonico della tenuta.

Vista dell'installazione di Chateau du Jonchet di Hubert de Givenchy con tavolo Diego Giacometti / via Artnet
Vista dell’installazione di Chateau du Jonchet di Hubert de Givenchy con tavolo Diego Giacometti / via Artnet

Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD
Éric Robert : Sygma : Sygma via Getty Images via AD

Ogni oggetto, come a Parigi, era scelto per la sua storia, per la sua voce. Ma al Jonchet l’atmosfera era più meditativa, più appartata. Qui Givenchy poteva lasciarsi alle spalle il ritmo della moda e ritrovare il silenzio creativo. Il castello ospitava anche stanze dedicate agli amici più intimi, come l’ala riservata a Bunny Mellon, la celebre giardiniera americana, che vantava una camera luminosa con vista sul giardino e una biblioteca personale.

Eric Robert, Sygma, Getty Images / via AD
Eric Robert, Sygma, Getty Images / via AD
“I tavoli sono pieni di decenni di fotografie, lettere, momenti, schizzi e capricci personali nello studio di Givenchy. Un bassorilievo di una colomba di Giacometti sovrasta il camino.” Dall'edizione spagnola di Vanity Fair; fotografia di Pablo Zamora. | (via The Art of the Room)
Dall’edizione spagnola di Vanity Fair; fotografia di Pablo Zamora.

Eric Robert, Sygma, Getty Images / via AD
Eric Robert, Sygma, Getty Images / via AD

Un cervo di François Pompon nell'atelier di Givenchy. Il couturier ha disegnato il grande "Picasso" sul retro a sinistra; uccello di gesso, Diego Giacometti / via AD
Un cervo di François Pompon nell’atelier di Givenchy.
Foto di François Halard; Christie's / via Vogue
Carta da parati cinese antica, abilmente allungata, è stata installata nella sala da pranzo; i calici incisi sul cervo sono stati realizzati su misura da Barovier & Toso.

Il Jonchet non era un maniero congelato nel tempo, ma un luogo vivo, attraversato dalla luce e dall’arte, dalla natura e dalla memoria. Era l’altra metà della sua anima: se Parigi rappresentava la scena pubblica, il castello era il cuore privato. In quelle stanze immerse nella quiete, tra un giardino fiorito, un tavolo apparecchiato con semplicità, un quadro antico posato sopra una credenza, si ritrovava tutta la filosofia di Hubert de Givenchy: l’idea che la vera eleganza non risieda nell’apparenza, ma nella coerenza tra bellezza, equilibrio e autenticità.

Asta

Nel giugno 2022, Christie’s ha organizzato un’asta straordinaria dedicata alla collezione personale di Hubert de Givenchy, raccogliendo oltre 1.200 lotti provenienti dalle sue residenze di Parigi e della Valle della Loira. Più che una semplice vendita, è stata una celebrazione della bellezza silenziosa e senza tempo che ha definito l’estetica di Givenchy per tutta la vita.

DIEGO GIACOMETTI (1902-1985)
BATTENTE DA PORTA, CIRCA 1975-1980
In bronzo patinato
Altezza: 29 cm; Larghezza: 19 cm; Profondità: 5 cm
DIEGO GIACOMETTI (1902-1985)
BATTENTE DA PORTA, CIRCA 1975-1980
In bronzo patinato
PABLO PICASSO (1881-1973)
Fauno con lancia
Firmato e datato 'Picasso 47' (in basso a destra)
Pietra nera su carta
164,5 x 131 cm
Eseguito ad Antibes nel 1947
PABLO PICASSO (1881-1973)
Fauno con lancia
Pietra nera su carta
164,5 x 131 cm
GEORGES JACOB (1739-1814)
ARREDAMENTO DA SALOTTO DI EPOCA LUIGI XVI, CIRCA 1780
GEORGES JACOB (1739-1814)
ARREDAMENTO DA SALOTTO DI EPOCA LUIGI XVI, CIRCA 1780
PIERRE GOUTHIÈRE (1732–1813)
COPPIA DI CANDELABRI D’EPOCA TRANSIZIONE, CIRCA 1765-1770
In bronzo cesellato e dorato, con base circolare ornata da una fascia a canali; il fusto, a forma di piramide tronca, poggia su zampe ferine, decorato con drappeggi e sormontato da mascheroni leonini; il porta-candela a forma di vaso è decorato con una greca.
Uno dei due reca la firma sull’orlo della base: GOUTHIER.SISELEUR.DOREUR.DU.ROY
Altezza: 36 cm; Diametro: 16,5 cm
PIERRE GOUTHIÈRE (1732–1813)
COPPIA DI CANDELABRI D’EPOCA TRANSIZIONE, CIRCA 1765-1770

LOUIS-CHARLES GALLONDE (1715-1771)
OROLOGIO "AUX DAUPHINS" DI EPOCA LUIGI XV, DATATO 1747
LOUIS-CHARLES GALLONDE (1715-1771)
OROLOGIO “AUX DAUPHINS” DI EPOCA LUIGI XV, DATATO 1747
JOAN MIRÓ (1893-1983)
Il Passaggio dell’uccello migratore
Firmato, datato e inscritto "MIRÓ. 29/I/68 LE PASSAGE DE L'OISEAU MIGRATTEUR [sic]" (sul retro)
Olio su tela
194,5 x 129,5 cm
Dipinto il 29 gennaio 1968
JOAN MIRÓ (1893-1983)
Il Passaggio dell’uccello migratore
Olio su tela
194,5 x 129,5 cm
Dipinto il 29 gennaio 1968

ALBERTO GIACOMETTI (1901–1966)
Femme qui marche [I]
Firmata e numerata 'Alberto Giacometti III/IV' (sulla base)
Bronzo con patina bruno scuro
Altezza: 150,5 cm
Ideata tra il 1932 e il 1936; questo esemplare è stato fuso nel 1955 dalle fonderie Fiorini e Carney in un’edizione di 4 esemplari più una prova d'artista, oltre a due altre prove e due prove nominative fuse successivamente.
ALBERTO GIACOMETTI (1901–1966)
Femme qui marche [I]
Bronzo con patina bruno scuro
Altezza: 150,5 cm

JANINE JANET (1913–2000)
Cervo sdraiato, modello creato nel 1964
Firmato 'JANINE JANET', con il marchio del fonditore 'E. GODARD CIRE PERDUE' e le iniziali di Cristobal Balenciaga 'CB' (sul fianco sinistro)
Bronzo patinato
Altezza: 129 cm ; Larghezza: 62 cm ; Profondità: 110 cm
JANINE JANET (1913–2000)
Cervo sdraiato, modello creato nel 1964
Bronzo patinato.
Scuola di  TILLY KETTLE (1734-1786)
Ritratto a mezzo busto di un dignitario indiano
Olio su tela
76,4 x 63,5 cm
Scuola di TILLY KETTLE (1734-1786)
Ritratto a mezzo busto di un dignitario indiano
Olio su tela
76,4 x 63,5 cm
JACQUES LIPCHITZ (1891-1973)
Uomo seduto con chitarra (Man with guitar)
Firmato con le iniziali, datato e numerato 'J.L - XII-20 5⁄7' (sul retro della base)
Terracotta
Altezza: 49,7 cm
Ideato a dicembre 1920; questo esemplare è stato realizzato nello stesso mese in un’edizione di 7 pezzi.
JACQUES LIPCHITZ (1891-1973)
Uomo seduto con chitarra (Man with guitar) Terracotta.
FRANÇOIS-XAVIER LALANNE (1927-2008)
Uccello da giardino, 2006-2008
Monogrammato ‘FxL’, numerato ‘A 7⁄8’ (sul bordo dell’ala) e con il marchio ‘bocquel fd’ (sul lato della coda)
Bronzo patinato
Altezza: 58 cm; Larghezza: 98 cm; Profondità: 61 cm
FRANÇOIS-XAVIER LALANNE (1927-2008)
Uccello da giardino, 2006-2008. Bronzo patinato.
DIEGO GIACOMETTI (1902-1985)
Tavolino d’appoggio "Boutons", modello creato intorno al 1960, questo esemplare realizzato tra il 1970 e il 1980
In bronzo patinato, ferro battuto e vetro
Altezza: 74 cm; Larghezza: 83 cm; Profondità: 61 cm
DIEGO GIACOMETTI (1902-1985)
Tavolino d’appoggio “Boutons”, modello creato intorno al 1960,
In bronzo patinato, ferro battuto e vetro
PABLO PICASSO (1881-1973)
Fauni e testa di donna
Firmato 'Picasso' (in alto a sinistra); datato, numerato e inscritto 'Antibes 1er novembre 46 X' (sul retro)
Matite colorate e grafite su carta
51 x 66 cm
Eseguito ad Antibes il 1° novembre 1946
PABLO PICASSO (1881-1973)
Fauni e testa di donna
Matite colorate e grafite su carta
51 x 66 cm Eseguito ad Antibes il 1° novembre 1946
PIERRE GARNIER (circa 1726-1800)
Comò di epoca Luigi XVI, circa 1775-1780
PIERRE GARNIER (circa 1726-1800)
Comò di epoca Luigi XVI, circa 1775-1780
PARIGI, CIRCA 1710-1715
COPPIA DI POLTRONE DI EPOCA RÉGENCE
PARIGI, CIRCA 1710-1715
COPPIA DI POLTRONE DI EPOCA RÉGENCE

ATTRIBUITO AD ANDRÉ-CHARLES BOULLE (1642-1732)
Orologio detto "Aux Parques de Mr Coustou" di epoca Luigi XIV, circa 1700
ATTRIBUITO AD ANDRÉ-CHARLES BOULLE (1642-1732)
Orologio detto “Aux Parques de Mr Coustou” di epoca Luigi XIV, circa 1700

ATTRIBUITO A PIERRE-PHILIPPE THOMIRE (1751-1843)
Coppia di girandole monumentali della fine dell’epoca Luigi XVI, circa 1790-1800
ATTRIBUITO A PIERRE-PHILIPPE THOMIRE (1751-1843)
Coppia di girandole monumentali della fine dell’epoca Luigi XVI, circa 1790-1800
JOAN MIRÓ (1893-1983)
Donna, uccello, stelle
Firmato ‘Miró’ (in basso al centro); firmato, datato e inscritto ‘Joan Miró Femme, oiseau, étoiles X Palma Majorque 4-1942’ (sul retro)
Acquerello, pastello, penna e inchiostro di Cina su carta
31 x 23,9 cm
Eseguito a Palma di Maiorca nell’aprile 1942
JOAN MIRÓ (1893-1983)
Donna, uccello, stelle
Acquerello, pastello, penna e inchiostro di Cina su carta
31 x 23,9 cm, 1942.

Fonti

Vogue

TheNewYorkTimes

AD

Thisisglamorous

Christie’s

Peggy Guggenheim e il suo tempio dell’avanguardia

Peggy Guggenheim, il cui nome completo era Marguerite Guggenheim, nacque a New York il 26 agosto 1898, in una delle famiglie più ricche d’America. I Guggenheim avevano fatto fortuna con le miniere e le industrie. Il padre di Peggy, Benjamin Guggenheim, morì tragicamente nel 1912 durante il naufragio del Titanic, quando lei aveva solo 14 anni.

La sua giovinezza fu segnata dal desiderio di distinguersi dal mondo dell’alta società in cui era cresciuta. A vent’anni iniziò a lavorare in una libreria d’avanguardia a Manhattan, dove venne a contatto con scrittori, intellettuali e artisti. In quel periodo decise di usare parte della sua eredità per sostenere la cultura e, in particolare, l’arte moderna.

Peggy Guggenheim in Paris photographed by Rogi André, 1940 c.
Peggy Guggenheim in Paris photographed by Rogi André, 1940 c.
Peggy Guggenheim photographed by Man Ray, with a Paul Poiret dress and a Vera Stravinsky headgear, Paris, 1925 c.
Peggy Guggenheim photographed by Man Ray, with a Paul Poiret dress and a Vera Stravinsky headgear, Paris, 1925 c.

Negli anni Venti si trasferì in Europa, prima a Parigi, poi a Londra. Nella capitale francese frequentò l’ambiente bohémien e strinse amicizia con alcuni dei più importanti protagonisti dell’avanguardia artistica: Marcel Duchamp, Constantin Brâncuși, Man Ray, Samuel Beckett. Duchamp, in particolare, la introdusse al mondo dell’arte contemporanea, aiutandola a formare il suo gusto personale e anticonvenzionale.

Herbert Read and Peggy Guggenheim, photographed by Gisèle Freund in 1939
© Peggy Guggenheim Collection Archives, Venice
Herbert Read and Peggy Guggenheim, photographed by Gisèle Freund in 1939. Peggy Guggenheim Collection Archives, Venice

Nel 1938, a Londra, Peggy aprì la sua prima galleria d’arte, chiamata Guggenheim Jeune. In un momento in cui l’arte moderna era ancora poco conosciuta e spesso osteggiata, lei esponeva opere di artisti come Jean Cocteau, Kandinsky e Giacometti. Fu un’esperienza breve, ma fondamentale.

Vasily Kandinsky, Curva Dominante (1936) nella collezione del Solomon R. Museo Guggenheim, New York
Vasily Kandinsky, Curva Dominante (1936) nella collezione del Solomon R. Museo Guggenheim, New York

Con l’avvicinarsi della Seconda guerra mondiale, Peggy si recò a Parigi con un’idea ambiziosa: aprire un museo di arte moderna. Iniziò ad acquistare opere con intensità, promettendo a se stessa di comprarne “una al giorno”. Nella sua collezione entrarono capolavori di Picasso, Miró, Dalí, Ernst, Léger, Tanguy e altri. Dopo l’occupazione nazista, fuggì in America portando con sé la collezione, salvando molte opere da un destino incerto.

Hermann Landshoff (1905 - 1986), Peggy Guggenheim e un gruppo di artisti in esilio, New York, 1942, Stampa digitale su carta politenata | Münchner Stadtmuseum, Sammlung Fotografie, Archiv Landshoff, Munich
Hermann Landshoff (1905 – 1986), Peggy Guggenheim e un gruppo di artisti in esilio, New York, 1942, Stampa digitale su carta politenata | Münchner Stadtmuseum, Sammlung Fotografie, Archiv Landshoff, Munich

A New York, nel 1942, aprì una galleria-museo rivoluzionaria: Art of This Century. Lo spazio fu progettato come un ambiente immersivo, con stanze dedicate al Surrealismo e all’Astrattismo. Qui Peggy scoprì e sostenne giovani artisti americani destinati a diventare famosi, come Jackson Pollock, Mark Rothko e William Baziotes. Fu una delle prime a credere nell’arte astratta americana, in un momento in cui il centro dell’arte mondiale si stava spostando dall’Europa agli Stati Uniti.

La galleria dell’arte astratta di Art of This Century, la galleria-museo di Peggy Guggenheim, 30 West 57th Street, New York, 1942
La galleria dell’arte astratta di Art of This Century, la galleria-museo di Peggy Guggenheim, New York, 1942
Berenice Abbot, Galleria surrealista, Art of This Century,1942.

Berenice Abbot, Galleria astratta, Art of This Century, 1942
Berenice Abbot, Galleria astratta, Art of This Century, 1942

Foto Roloff Beny, 1942, National Archives of Canada.
Foto Roloff Beny, 1942, National Archives of Canada.

Peggy Guggenheim, nella sua galleria Art of this Century a New York, ottobre. 22, 1942. (Foto AP/Tom Fitzsimmons)
Peggy Guggenheim, nella sua galleria Art of this Century a New York, ottobre. 22, 1942. (Foto AP/Tom Fitzsimmons)

Nel 1948, terminata la guerra, Peggy fu invitata a esporre la sua collezione alla Biennale di Venezia. Fu un evento epocale: era la prima volta che l’arte moderna americana veniva presentata in modo così esteso in Europa. L’anno successivo, acquistò Palazzo Venier dei Leoni, un edificio settecentesco affacciato sul Canal Grande, dove si stabilì e decise di vivere tra le sue opere.

Peggy Guggenheim alla macchina da scrivere nella sua stanza dell’hotel Savoia & Jolanda in via degli Schiavoni, Venezia, 1948. (Fondazione Solomon R. Guggenheim/Archivio Cameraphoto Epoche/Donazione Cassa di risparmio di Venezia)
Peggy Guggenheim alla macchina da scrivere nella sua stanza dell’hotel Savoia & Jolanda in via degli Schiavoni, Venezia, 1948. (Fondazione Solomon R. Guggenheim/Archivio Cameraphoto Epoche)
Peggy Guggenheim accoglie il Presidente Luigi Einaudi all’inaugurazione della mostra della sua collezione alla Biennale di Venezia, 1948
Peggy Guggenheim accoglie il Presidente Luigi Einaudi all’inaugurazione della mostra della sua collezione alla Biennale di Venezia, 1948

Peggy Guggenheim e Lionello Venturi fotografati alla Biennale del 1948
Peggy Guggenheim e Lionello Venturi fotografati alla Biennale del 1948

Nel 1949 aprì al pubblico la sua casa, trasformandola in un museo per La collezione Peggy Guggenheim. Tra le sale luminose e i giardini abitati dai suoi amati cani, i visitatori potevano ammirare capolavori di Picasso, Braque, Klee, Magritte, Ernst (di cui Peggy fu anche moglie), Calder, e molti altri. Il museo divenne un punto di riferimento per l’arte del Novecento.

Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1949, Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1949, Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim al Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, primi anni '50. Sul muro, Pablo Picasso, “La Baignade”, 1937. (Per gentile concessione di Fondazione Solomon R. Guggenheim. Photo Archivio Cameraphoto Epoche. Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005)
Peggy Guggenheim al Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, primi anni ’50. Sul muro, Pablo Picasso, “La Baignade”, 1937. (Per gentile concessione di Fondazione Solomon R. Guggenheim. Photo Archivio Cameraphoto Epoche. Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005)
Peggy Guggenheim con la scultura di Alexander Calder, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1949, Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim con la scultura di Alexander Calder, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1949, Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1949, Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, 1949, Fondazione Solomon R. Guggenheim, foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim con i suoi cani, seduta sul pozzo del giardino di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, primi anni cinquanta. (Fondazione Solomon R. Guggenheim/Archivio Cameraphoto Epoche)
Peggy Guggenheim nel salotto di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, inizio anni '60. Parete di fondo, da sinistra a destra: artista Cubeo non registrato, prima metà del XX secolo, Amazzonia settentrionale; scultura funeraria (malangan), artista Mandara (o Tabar) non registrato, inizio XX secolo, Nuova Irlanda del Nord; Evento #247, 1956, Edmondo Bacci; figura di antenato, artista Sawos non registrato, villaggio Yamok, provincia di East Sepik, Papua Nuova Guinea. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Archivio fotografico Cameraphoto Epoche. Dono della Cassa di Risparmio di Venezia, 2005 attraverso la Collezione Peggy Guggenheim.
Peggy Guggenheim nel salotto di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, inizio anni ’60. Parete di fondo, da sinistra a destra: artista Cubeo non registrato, prima metà del XX secolo, Amazzonia settentrionale; scultura funeraria (malangan), artista Mandara (o Tabar) non registrato, inizio XX secolo, Nuova Irlanda del Nord; Evento #247, 1956, Edmondo Bacci; figura di antenato, artista Sawos non registrato, villaggio Yamok, provincia di East Sepik, Papua Nuova Guinea. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Archivio fotografico Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim al Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, primi anni '60. Dietro di lei, “Les Hommes dans la ville” di Fernand Léger, 1919. (Per gentile concessione di Fondazione Solomon R. Guggenheim. Photo Archivio Cameraphoto Epoche. Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005)
Peggy Guggenheim al Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, primi anni ’60. Dietro di lei, “Les Hommes dans la ville” di Fernand Léger, 1919. (Per gentile concessione di Fondazione Solomon R. Guggenheim. Photo Archivio Cameraphoto Epoche. Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005)
Peggy Guggenheim nella barchessa, Palazzo Venier dei Leoni, con copricapo (Ago Egungun), probabilmente prima metà del XX secolo, bottega di Oniyide Adugbologe (ca. 1875-1949; artista yoruba), Abeokuta, Nigeria; Venezia, fine anni Sessanta. Foto Archivio Cameraphoto Epoche. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Dono della Cassa di Risparmio di Venezia, 2005, tramite la Collezione Peggy Guggenheim.
Peggy Guggenheim nella barchessa, Palazzo Venier dei Leoni, con copricapo (Ago Egungun), probabilmente prima metà del XX secolo, bottega di Oniyide Adugbologe, artista yoruba, Abeokuta, Nigeria; Foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim nel foyer di Palazzo Venier dei Leoni accanto a un copricapo D'mba, probabilmente prima metà del XX secolo, artista Baga non registrato, Guinea; Venezia, anni Sessanta. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche. Dono della Cassa di Risparmio di Venezia, 2005 attraverso la Collezione Peggy Guggenheim.
Peggy Guggenheim nel foyer di Palazzo Venier dei Leoni accanto a un copricapo D’mba, probabilmente prima metà del XX secolo, artista Baga non registrato, Guinea; Venezia, anni Sessanta. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche.

Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, fine anni Sessanta. Accanto a lei, a sinistra, copricapo (Ago Egungun), probabilmente prima metà del XX secolo, bottega di Oniyide Adugbologe (ca. 1875-1949; artista yoruba), Abeokuta, Nigeria. Dietro di lei, da sinistra a destra: Velocità astratta + suono (Velocità astratta + rumore) 1913-14, Giacomo Balla; Il regolare, 1920, Louis Marcoussis; Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1914-15, Umberto Boccioni; Donna con animali (Madame Raymond Duchamp-Villon), 1914, Albert Gleizes; Uomo cactus I, 1939, Julio González. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche. Dono della Cassa di Risparmio di Venezia, 2005 attraverso la Collezione Peggy Guggenheim.
Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, fine anni Sessanta. Accanto a lei, a sinistra, copricapo (Ago Egungun), probabilmente prima metà del XX secolo, bottega di Oniyide Adugbologe (ca. 1875-1949; artista yoruba), Abeokuta, Nigeria. Dietro di lei, da sinistra a destra: Velocità astratta + suono (Velocità astratta + rumore) 1913-14, Giacomo Balla; Il regolare, 1920, Louis Marcoussis; Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1914-15, Umberto Boccioni; Donna con animali (Madame Raymond Duchamp-Villon), 1914, Albert Gleizes; Uomo cactus I, 1939, Julio González. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche.
Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, anni ’60. Da sinistra: Vasily Kandinsky, Paesaggio con macchie rosse, n. 2 (Landschaft mit roten Flecken, Nr. 2, 1913); Georges Braque, Il clarinetto (La Clarinette, estate autunno 1912); Giacomo Balla, Velocità astratta + rumore, 1913–14; Louis Marcoussis, L’Habitué (1920); Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case (1914–15); Albert Gleizes, Donna con animali (Madame Raymond Duchamp-Villon) (La Dame aux bêtes [Madame Raymond Duchamp-Villon]), terminato nel febbraio 1914; tutte le opere sono in Collezione Peggy Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche. Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia, Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005.
Peggy Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni, Venezia, anni ʼ60. Alla parete, Tancredi Parmeggiani, Composizione (1957), Collezione Peggy Guggenheim. Foto Archivio Cameraphoto Epoche. Fondazione Solomon R. Guggenheim, Venezia, Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005.

Peggy Guggenheim morì a Venezia nel 1979. È sepolta nel giardino del suo palazzo, accanto ai suoi cani, in un luogo che ancora oggi conserva l’anima e il carattere di questa donna straordinaria. La collezione Peggy Guggenheim è oggi parte della Fondazione Solomon R. Guggenheim e rappresenta una delle più importanti raccolte di arte moderna al mondo.

Peggy Guggenheim nella sua gondola, 1968. (ph. Tony Vaccaro / Archivi di Tony Vaccaro)
Peggy Guggenheim nella sua gondola, 1968. (ph. Tony Vaccaro / Archivi di Tony Vaccaro)

La vita di Peggy Guggenheim è stata una continua ricerca: di bellezza, di libertà, di rottura con le convenzioni. Con coraggio e passione, ha dato voce all’arte del suo tempo, spesso prima di tutti gli altri. Ancora oggi, la sua figura è simbolo di indipendenza, intuizione e amore per l’arte.

La collezione

PAUL KLEE Ritratto di Frau P. nel Sud, 1924
PAUL KLEE Ritratto di Frau P. nel Sud, 1924
PABLO PICASSO  Sulla spiaggia, 12 FEBBRAIO 1937
PABLO PICASSO Sulla spiaggia, 12 FEBBRAIO 1937
VASILY KANDINSKY Verso l'alto, OTTOBRE 1929
VASILY KANDINSKY Verso l’alto, OTTOBRE 1929
JACKSON POLLOCK Foresta incantata, 1947
JACKSON POLLOCK Foresta incantata, 1947
CONSTANTIN BRANCUSI Maiastra, 1912 C.
CONSTANTIN BRANCUSI Maiastra, 1912 C.
MAX ERNST La vestizione della sposa, 1940
MAX ERNST La vestizione della sposa, 1940
JOSEF ALBERS Omaggio al quadrato RIII a-ı, 1970
JOSEF ALBERS Omaggio al quadrato RIII a-ı, 1970
ALEXANDER ARCHIPENKO

La Boxe
1935
ALEXANDER ARCHIPENKO La Boxe, 1935
ARTISTA NON RICONOSCIUTO BAMANA

Cimiero maschio "Ci Wara"
PROBABILMENTE PRIMA METÀ DEL XX SECOLO
ARTISTA NON RICONOSCIUTO BAMANA
Cimiero maschio “Ci Wara”
PROBABILMENTE PRIMA METÀ DEL XX SECOLO
ARTISTA NON RICONOSCIUTO BAGA
Maschera a spalla “D’mba”
PROBABILMENTE PRIMA METÀ DEL XX SECOLO
ALEXANDER CALDER

Orecchini per Peggy Guggenheim
1938 C.
ALEXANDER CALDER
Orecchini per Peggy Guggenheim
1938 C.
ALEXANDER CALDER

Testiera di letto in argento
1943
ALEXANDER CALDER
Testiera di letto in argento
1943
JOSEPH CORNELL

Scena per una fiaba
1942
JOSEPH CORNELL
Scena per una fiaba
1942

JOSEPH CORNELL
Senza titolo (Farmacia)
1942 C.
MAX ERNST
Mare, sole, terremoto
1931
MAX ERNST

Piccola macchina costruita da minimax dadamax in persona
1919-20
MAX ERNST
Piccola macchina costruita da minimax dadamax in persona
1919-20

MAX ERNST Per le strade di Atene,1960 (FUSIONE DEL GENNAIO 1961)

Fonti

The Art Newspaper

Artnews

Artadvisor

Peggy Guggenheim Collection

Abitare

The Mammothreflex

Barneby’s

La casa e la collezione del Sir John Soane

Sir John Soane è stato uno degli architetti più originali e visionari dell’Inghilterra georgiana. Nato nel 1753, figlio di un muratore, Soane crebbe con l’ambizione di costruire non solo edifici, ma veri e propri racconti in pietra. Dopo aver studiato alla Royal Academy e aver viaggiato in Italia per studiare l’antichità classica, tornò a Londra pieno di idee nuove e un approccio personale alla bellezza e alla funzione degli spazi.

Sir John Soane by John Jackson, oil on canvas, 1828
29 1/2 in. x 24 1/2 in. Transferred from Tate Gallery, 1957
Sir John Soane by John Jackson, oil on canvas, 1828
29 1/2 in. x 24 1/2 in. Transferred from Tate Gallery, 1957

Nel corso della sua carriera, Soane progettò numerosi edifici pubblici e privati, ma il suo nome resta legato soprattutto alla Banca d’Inghilterra, che riplasmò con uno stile sobrio ma profondamente innovativo, fatto di luce naturale, geometrie pulite e spazi silenziosamente teatrali.Il suo capolavoro, però, è forse la sua stessa casa, in Lincoln’s Inn Fields, oggi trasformata in museo.

La gestione della luce, combinata con un intenso dramma spaziale, rende ogni visita al museo un incontro affascinante. Fotografia di Gareth Gardner.
Fotografia di Gareth Gardner.

In questo luogo straordinario, Soane raccolse statue antiche, modelli architettonici, dipinti (tra cui il celebre “Apice della distruzione” di Hogarth), e creò un ambiente unico, in cui ogni stanza è pensata per sorprendere, istruire e ispirare. Nel 1831, fu insignito del titolo di “Sir”, un riconoscimento tardivo ma meritato. Soane non fu solo un architetto, ma anche un collezionista, un insegnante, un sognatore. Ancora oggi, chi attraversa le stanze della sua casa-museo sente la presenza viva di un uomo che ha trasformato la sua passione per l’antico in qualcosa di assolutamente moderno.

Dome Space
PHOTOGRAPH BY Gareth Gardner
Dome Space. Fotografia di Gareth Gardner

La casa

Il Sir John Soane’s Museum è frutto di un progetto portato avanti dallo stesso Soane in più fasi. Tutto iniziò nel 1792, quando acquistò la casa al numero 12 di Lincoln’s Inn Fields per farne il proprio studio e abitazione. Negli anni successivi, ampliò la proprietà incorporando le case adiacenti e modificando gli spazi, fino a creare un edificio unico, capace di ospitare anche la sua vasta collezione di opere d’arte e reperti antichi — tra cui il celebre sarcofago del faraone Seti I.

Spazio a cupola
FOTOGRAFIA DI Gareth Gardner

Nel 1806 acquistò il numero 13, oggi ingresso principale del museo. Tra il 1808 e il 1812 ristrutturò prima la parte interna e poi la facciata, trasformando la casa in un vero laboratorio architettonico. Nel 1823 comprò anche il numero 14, dove realizzò una galleria espositiva sul retro, mantenendo la parte anteriore da affittare.

La facciata del Sir John Soane Museum nel Lincoln's Inn Fields di Londra. Fotografia di Gareth Gardner.
La facciata del Sir John Soane Museum nel Lincoln’s Inn Fields di Londra. Fotografia di Gareth Gardner.

L’esterno dell’edificio è severo e originale. La facciata in pietra di Portland si distingue per la sua semplicità e gli archi privi di decorazioni. In origine aperti, furono poi chiusi con vetrate dallo stesso Soane. L’insieme richiama l’architettura visionaria di Claude-Nicolas Ledoux e mostra come Soane abbia trasformato il classicismo in un linguaggio del tutto personale.

Nel 1833, Soane decise di donare l’intero edificio e la collezione allo Stato, a condizione che rimanesse tutto così com’era al momento della sua morte. Ancora oggi il museo rispetta questa volontà.

La sala colazione. Foto di Derry Moore e fornita dal Museo.
La sala colazione. Foto di Derry Moore e fornita dal Museo.
Il bagno di Soane. Foto di Gareth Gardner e fornita dal Museo.
Il bagno di Soane. Foto di Gareth Gardner e fornita dal Museo.
La sala da salotto sud. Foto di Derry Moore e fornita dal Museo.
La sala da salotto sud. Foto di Derry Moore e fornita dal Museo.

L’interno è un vero labirinto di stanze, mezzanini, scale e affacci, articolati su tre piani. Gli spazi, spesso illuminati dall’alto, si susseguono con ritmo teatrale. Lo stile mescola influenze classiche, neogotiche, pittoresche e persino massoniche. Tra gli ambienti più noti ci sono la Breakfast Room, con specchi convessi sul soffitto, la Libreria e lo Studio.

"Architects' Houses" si svolge al Sir John Soane's Museum, 13 Lincoln's Inn Fields, Londra WC2. 7 giugno-10 settembre.
“Architects’ Houses” si svolge al Sir John Soane’s Museum, 13 Lincoln’s Inn Fields, Londra WC2. 7 giugno-10 settembre.
La stanza dei modelli appena aperta, con una rappresentazione in sughero di Pompei che ha sofferto per mano di un curatore vittoriano troppo zelante con una sega. Foto di Gareth Gardner e fornita dal Museo.
La stanza dei modelli appena aperta, con una rappresentazione in sughero di Pompei che ha sofferto per mano di un curatore vittoriano troppo zelante con una sega. Foto di Gareth Gardner e fornita dal Museo.

Il cuore del museo è la Picture Room, la quadreria. In questa piccola stanza Soane inventò un ingegnoso sistema di pannelli mobili per esporre più quadri possibile, sfruttando ogni centimetro.

Picture Room. Foto di Gareth Gardner
Picture Room. Foto di Gareth Gardner
Foto di Gareth Gardner
Studio del architetto. Foto di Gareth Gardner
Foto di Gareth Gardner
Foto di Gareth Gardner
La finestra del salotto del monaco, Sir John Soane's Museum, Londra.

Foto: Lewis Bush ©Museo di Sir John Soane
La finestra del salotto del monaco, Sir John Soane’s Museum, Londra.
Foto: Lewis Bush, Museo di Sir John Soane.

Il Sir John Soane’s Museum non è solo una casa-museo: è il ritratto architettonico di un uomo che ha fatto della propria abitazione un’opera d’arte, una galleria, un archivio e un monumento a se stesso. Un luogo pensato per stupire, emozionare e ispirare, più che per classificare o spiegare.

La collezione

Testa di una statuetta romana di Urania. Inizio del II secolo d.C.
Marmo dell'isola greca.
Testa di una statuetta romana di Urania. Inizio del II secolo d.C.
Marmo dell’isola greca.
Casting di un pannello con ornamento arabesco
XVI secolo (originale) Gesso.
Casting di un pannello con ornamento arabesco
XVI secolo (originale) Gesso.
Colour image of A10, bronze figure of Mars. Photographed by Lewis Bush in 2015 before conservation as part of the Opening up the Soane project.
Un piatto circolare cinese. C.1730, Cina. Porcellana a pasta dura.
Un piatto circolare cinese. C.1730, Cina. Porcellana a pasta dura.
Modello per Tyringham, Buckinghamshire, gateway e lodge, (progettato da Sir John Soane), 1794, Legno dipinto.
Tyringham, modello, Buckinghamshire, gateway e lodge, (progettato da Sir John Soane), 1794, Legno dipinto.
Modello dei quattro ordini di architettura, Legno.
Modello dei quattro ordini di architettura, Legno.
Modello per la Banca d'Inghilterra, Londra, fronte nord (Lothbury), Bullion Gateway, progettato da Sir John Soane, c.1796

Legno dipinto
Modello per la Banca d’Inghilterra, Londra, fronte nord (Lothbury), Bullion Gateway, progettato da Sir John Soane, c.1796
Legno dipinto
Modello per la Banca d'Inghilterra, Londra, angolo nord-ovest (Tivoli), design eseguito, progettato da Sir John Soane, 1805

Legno dipinto
Modello per la Banca d’Inghilterra, Londra, angolo nord-ovest (Tivoli), design eseguito, progettato da Sir John Soane, 1805
Legno dipinto
François Fouquet (1787 - 1870), creatore

Modello del Pantheon, Roma, 'restaurato', c.1800-1834

Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), creatore
Modello del Pantheon, Roma, ‘restaurato’, c.1800-1834
Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), produttore
Modello del Partenone, il più grande tempio dell’Acropoli di Atene, “restaurato”, c.1800-1834.
Gesso da presa
François Fouquet (1787 - 1870), produttore

Modello del tempio circolare romano di Vesta a Tivoli, vicino a Roma, "ristaurato", c.1800-1834

Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), produttore
Modello del tempio circolare romano di Vesta a Tivoli, vicino a Roma, “ristaurato”, c.1800-1834
Gesso da presa
François Fouquet (1787 - 1870), produttore

Modello di un monumento a Mylasa, 'restaurato', c.1800-1834

Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), produttore
Modello di un monumento a Mylasa, ‘restaurato’, c.1800-1834
Gesso da presa
François Fouquet (1787 - 1870), creatore

Modello dell'Arco di Adriano, Atene, "restaurato", c.1800-1834

Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), creatore
Modello dell’Arco di Adriano, Atene, “restaurato”, c.1800-1834
Gesso da presa
François Fouquet (1787 - 1870), produttore

Modello del Tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano, Roma, 'restaurato', c.1800-1834

Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), produttore
Modello del Tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano, Roma, ‘restaurato’, c.1800-1834
Gesso da presa
François Fouquet (1787 - 1870), produttore

Modello del cosiddetto "Tempio di Venere" a Baalbek, Libano, "restaurato", c.1800-1834

Gesso da presa
François Fouquet (1787 – 1870), produttore
Modello del cosiddetto “Tempio di Venere” a Baalbek, Libano, “restaurato”, c.1800-1834
Gesso da presa
Sir Thomas Lawrence PRA (1769 – 1830). Ritratto di Sir John Soane, 76 anni, 1828-29. Olio su tela, 139×110,5 cm.
Sir Joshua Reynolds PRA (1723 – 1792). Il serpente nell’erba; o amore che sblocca la zona della bellezza, 1785. Olio su tela, 124,5 x 99, 5 cm.
Canaletto (1697 - 1768), Una vista di Rialto, Venezia, 1734-35. Olio su tela, 64,1 x 109,7 cm.
Canaletto (1697 – 1768), Una vista di Rialto, Venezia, 1734-35. Olio su tela, 64,1 x 109,7 cm.
Canaletto (1697 – 1768). Piazza di San Marco, Venezia, C.1734-35. Olio su tela, 70,2 x 114,6 cm.
Louis-Parfait Merlieux (1796 – 1855), scultore. Busto del barone Georges Cuvier (1769-1832), Gesso.
Abramo e Isacco, tondo di vetro colorato, olandese, XVII secolo
Vetro trasparente con vernici nere e marroni, macchia gialla, smalti viola e verdi. Densamente dipinto con riflessi luminosi.
Il Giudizio Universale, pannello di vetro colorato, svizzero, c.1600

Vetro trasparente con vernice marrone, macchia gialla, smalti blu scuro e verde.
Il Giudizio Universale, pannello di vetro colorato, svizzero, c.1600
Vetro trasparente con vernice marrone, macchia gialla, smalti blu scuro e verde.
La fustificazione di due uomini davanti al Sommo Sacerdote

XVII secolo

Paesi Bassi

Vetro trasparente con vernice marrone, macchia gialla, blu, rosso e verde? Smalti. Il pannello è incastonato in vetro verniciato grigio-marrone con decorazione a pergamena
La fustificazione di due uomini davanti al Sommo Sacerdote
XVII secolo. Paesi Bassi
Vetro trasparente con vernice marrone, macchia gialla, blu, rosso e verde? Smalti. Il pannello è incastonato in vetro verniciato grigio-marrone con decorazione a pergamena.
Coppia in gesso  dell'Apollo Belvedere.
Coppia in gesso dell’Apollo Belvedere.

Fonti

Architecture Today

Londonist

House & Garden

Interiors

Sir John Soane’s Museum Collection

Asta della collezione privata di Vivienne Westwood

Nata nel Derbyshire nel 1941, Vivienne Westwood iniziò la sua carriera come maestra elementare. Passò poi alla moda dopo un incontro casuale con Malcolm McLaren, allora studente d’arte e impresario musicale di 19 anni. Nel 1971 aprirono un piccolo negozio — Let It Rock — al 430 di King’s Road, Londra, vendendo memorabilia anni ’50 e abiti Teddy Boy.

Malcolm McLaren e  Vivienne Westwood. London Museum Archive.
Malcolm McLaren e Vivienne Westwood. London Museum Archive.
The Guardian: nella foto, da destra: Vivienne Westwood, Jordan, Chrissie Hynde, scrittore Alan Jones, sconosciuto, e Sex Pistol Steve Jones, fotografia: David Dagley/Rex
The Guardian: nella foto, da destra: Vivienne Westwood, Jordan, Chrissie Hynde, scrittore Alan Jones, sconosciuto, e Sex Pistol Steve Jones, fotografia: David Dagley/Rex
La modella/musa Pamela “Jordan” Rooke fotografata fuori dal negozio
La modella/musa Pamela “Jordan” Rooke fotografata fuori dal negozio

Nel 1974 Vivienne Westwood lo rinominarono SEX, sostituendo le scarpe brothel creeper e i cravattini con vestiti in gomma, tacchi a spillo con borchie e magliette con slogan. Questi divennero simboli dello stile anti-establishment di strada.

Cliente frequente Danielle e altri 3, presi da David Dagley nel 1976
Cliente frequente Danielle e altri 3, presi da David Dagley nel 1976

A metà anni ’70, Westwood e McLaren, ormai anche manager dei Sex Pistols, erano al centro della rivoluzione estetica e culturale chiamata Punk. «Si trattava di distruggere tutti i valori», disse Westwood, «tutti i tabù di un mondo crudele, ingiusto, mal gestito e corrotto».

Pamela Rooke, conosciuta come Jordan, e Simon Barker, chiamati Six, modellano le magliette "God Save The Queen" di Westwood
Pamela Rooke, conosciuta come Jordan, e Simon Barker, chiamati Six, modellano le magliette “God Save The Queen” di Westwood

All’inizio degli anni ’80 iniziarono a esplorare un’estetica nuova, ispirata all’abbigliamento storico. L’era New Romantic si caratterizzò per collezioni barocche ed eccessive. Vestirono band importanti come Adam and the Ants e i Culture Club. La loro prima sfilata insieme, “Pirate” (Autunno-Inverno 1981/82), presentava pantaloni larghi a righe e camicie oversize con fasce drappeggiate.

Vivienne Westwood, autunno 1981 prêt-à-porter

Foto: David Corio / Redferns
Vivienne Westwood, autunno 1981 prêt-à-porter
Foto: David Corio / Redferns
Vivienne Westwood, autunno 1981 prêt-à-porter Foto: David Corio / Redferns
Vivienne Westwood, autunno 1981 prêt-à-porter Foto: David Corio / Redferns
Vivienne Westwood, fall 1981 ready-to-wear Photo: David Corio / Redferns
Vivienne Westwood, fall 1981 ready-to-wear
 Photo: David Corio / Redferns

Dopo la separazione da McLaren nel 1982, Westwood continuò a trarre ispirazione dal passato. Rielaborò stili e silhouette della sartoria inglese tradizionale: corsetti, crinoline, tournure e zeppe. La collezione “Harris Tweed” (Autunno-Inverno 1987/88) si ispirava ai sarti di Savile Row. “Cut, Slash and Pull” (Primavera-Estate 1991) si basava sui ritratti Tudor.

Una giacca e un cappello Vivienne Westwood, collezione "Harris Tweed", Autunno-Inverno 1987-88
Una giacca e un cappello Vivienne Westwood, collezione “Harris Tweed”, Autunno-Inverno 1987-88
Completo, Vivienne Westwood, collezione "Harris Tweed", Autunno-Inverno 1987-88
Completo, Vivienne Westwood, collezione “Harris Tweed”, Autunno-Inverno 1987-88

«Il suo archivio nasce dalla storia, ma le reinvenzioni moderne sono solo sue», osserva Fury. «Ha creato un linguaggio di stile, un vocabolario unico, forse senza pari contemporanei». I riconoscimenti arrivarono rapidamente. Nel 1989, John Fairchild la nominò tra i sei stilisti più importanti del mondo. Nel 1990 e 1991 fu stilista dell’anno per il British Council. Ricevette nel 1992 l’OBE dalla Regina senza biancheria intima, e sposò Andreas Kronthaler, suo compagno nella vita e nella moda per oltre 30 anni.

Nei decenni successivi, Westwood continuò a rompere le regole della moda, costruendo un impero globale con linee di accessori, maglieria e profumi. Nel 2004 ebbe una grande retrospettiva al V&A di Londra. Nel 2006 fu nominata Dama per i servizi resi alla moda.

A metà anni 2000, l’attivismo politico divenne centrale nel suo lavoro. Le sfilate divennero un mezzo per esprimere le sue idee sociali, ambientali e politiche. Lottò per migliorare gli standard del settore, promuovere la libertà individuale, combattere il cambiamento climatico e sostenere le cause a lei care.

Asta

«Il contributo di Vivienne Westwood alla moda è unico, forse senza paragoni», afferma Alexander Fury, corrispondente di moda per T: The New York Times Style Magazine«Le sue creazioni hanno influenzato non solo il modo in cui ci vestiamo, ma la cultura nel suo insieme».

Il 25 giugno, Christie’s ha presentato all’asta il guardaroba personale di Westwood in un evento storico intitolato Vivienne Westwood: The Personal Collection — Parte I, accompagnato da una vendita online proseguita fino al 28 giugno. Il ricavato è stato destinato a The Vivienne Foundation, Amnesty International, Médecins Sans Frontières e Greenpeace.

Tra le due vendite sono stati offerti oltre 200 lotti, tra cui abiti, scarpe e gioielli creati e indossati da Westwood negli ultimi quarant’anni della sua vita. Il capo più datato risale alla collezione Autunno-Inverno 1983/84 “Witches”

Un ensemble a due pezzi in serga blu navy, World's End, della collezione "Witches", autunno-inverno 1983/84
Un ensemble a due pezzi in serga blu navy, World’s End, della collezione “Witches”, autunno-inverno 1983/84

La collezione Witches” (Autunno-Inverno 1983/84) fu l’ultima collaborazione ufficiale tra Vivienne Westwood e Malcolm McLaren per il marchio World’s End.
Traeva ispirazione dalla stregoneria e dai simboli grafici di Keith Haring, influenzati dal linguaggio magico.

Presentata a Parigi, la collezione fu accolta con entusiasmo dalla critica.
Era caratterizzata da silhouette asimmetriche, spalle appuntite e maglieria a strati.
Le grafiche fluorescenti, ispirate ai graffiti di Haring, comparivano su diversi capi, conferendo alla linea un forte impatto visivo.

Vivienne Westwood,
collezione Dressed to Scale,
autunno-inverno 1998/99, un abito corsetto in taffetà di seta color tortora.

Negli anni ’90, Vivienne Westwood giocava con scala e proporzioni per creare un senso di straniamento nelle sue collezioni, come nella linea “Dressed to Scale” (Autunno-Inverno 1998/99), dove dettagli come fiocchi e nastri venivano ingigantiti diventando elementi decorativi centrali.

Un esempio significativo è questo abito corsetto scivolato sulle spalle, realizzato in taffetà di seta color taupe, con grandi nastri in satin nero che avvolgono vita e braccia.

Westwood,  gala V&A , novembre 1998. Getty Images
Westwood, gala V&A , novembre 1998. Getty Images

Westwood indossò questo vestito in occasione del Vivienne Westwood Fashion Tribute al Victoria and Albert Museum nel novembre 1998.

Vivienne Westwood,
collezione Propaganda,
autunno-inverno 2005/06
un abito di cotone con pannello di modestia stampato Propaganda e grembiule, abbinati a una camicia a righe blu e bianche.
Stampato con slogan come “NINSDOL” (Nazionalismo Idolatria, Distrazione Ininterrotta, Menzogna Organizzata) e “Who the Fuck Needs Art?”, Gold Label.
Vivienne Westwood,
collezione Propaganda, autunno-inverno 2005/06
un abito di cotone con pannello di modestia stampato Propaganda e grembiule, abbinati a una camicia a righe blu e bianche.
Stampato con slogan come “NINSDOL” (Nazionalismo Idolatria, Distrazione Ininterrotta, Menzogna Organizzata) e “Who the Fuck Needs Art?”, Gold Label.

Forse più di ogni altro stilista, Vivienne Westwood ha usato i vestiti come strumento per comunicare le sue idee politiche, ambientali e sociali.

L’abito citato, stampato con slogan provocatori come “Who the Fuck Needs Art”, fa parte della collezione “Propaganda” (Primavera-Estate 2005/06), che richiama sia i suoi anni punk sia l’ saggio di Aldous Huxley Propaganda in a Democratic Society.

«Il suo amore per la T-shirt grafica sta nella sua semplicità, sia come puro esempio di design sia come cartello per un messaggio», scrive Fury su Catwalk.
«La usava per slogan punk che incitavano alla distruzione dello status quo; per celebrare la cultura alta con immagini di vecchi maestri; più tardi, per slogan ambientalisti che riflettevano la sua preoccupazione per lo stato del pianeta».

Un esempio è questa T-shirt-abito in jersey bianco, stampata sul retro con una mappa del mondo che mostra i cambiamenti climatici.

Vivienne Westwood indossa un abito di cotone con pannello di modestia "Propaganda" stampato e grembiule con camicetta a righe blu e bianche, della collezione "Propaganda", primavera-estate 2005/06. Foto: © Victor Virgile / Getty Images
Vivienne Westwood indossa un abito di cotone con pannello di modestia “Propaganda” stampato e grembiule con camicetta a righe blu e bianche, della collezione “Propaganda”, primavera-estate 2005/06. Foto: Victor Virgile / Getty Images

Vivienne Westwood,
collezione Dressed to Scale,
autunno-inverno 1998/99
un paio di stivali platform in pelle bordeaux con lacci,
con tacchi a spillo, lacci gialli e dettagli in cucitura bianca, platform interno, Gold Label.
Vivienne Westwood,
collezione Dressed to Scale, autunno-inverno 1998/99
un paio di stivali platform in pelle bordeaux con lacci,
con tacchi a spillo, lacci gialli e dettagli in cucitura bianca, platform interno, Gold Label.

Nei primi anni ’90, il profilo internazionale di Westwood salì alle stelle. Nel 1993 fece sfilare Naomi Campbell con una gonna a quadri, una boa di piume e tacchi platform viola di nove pollici. Quando la supermodella cadde, le scarpe di Westwood andarono a ruba.

I platform e gli stivali vertiginosi con lacci sono oggi tra i design distintivi del marchio.

Vivienne Westwood indossa un paio di stivali platform in pelle bordeaux con lacci, della collezione “Dressed to Scale”, Autunno-Inverno 1998/99.
Foto: Sipa US / Alamy Stock Image
Vivienne Westwood indossa un paio di stivali platform in pelle bordeaux con lacci, della collezione “Dressed to Scale”, Autunno-Inverno 1998/99.
Foto: Sipa US / Alamy Stock Image
Vivienne Westwood,
collezione “Gaia The Only One”, primavera-Estate 2011
Abito ‘Cenerentola’ in raso azzurro ghiaccio con scollo a barca, ispirato ai costumi da balletto.
Vivienne Westwood,
collezione “Gaia The Only One”, primavera-Estate 2011
Abito ‘Cenerentola’ in raso azzurro ghiaccio con scollo a barca, ispirato ai costumi da balletto.

Questo abito ‘Cenerentola’ in raso azzurro ghiaccio fa parte della collezione “Gaia The Only One” (Primavera-Estate 2011), che aveva come temi centrali Matisse, la commedia dell’arte e il balletto.
Secondo la famiglia di Westwood, è stato uno degli oggetti più preziosi — e più indossati — dalla stilista.

Vivienne Westwood indossa un abito ‘Cenerentola’ della collezione “Gaia The Only One”, Primavera-Estate 2011. Foto:  Ugo Camera
Vivienne Westwood indossa un abito ‘Cenerentola’ della collezione “Gaia The Only One”, Primavera-Estate 2011. Foto: Ugo Camera
Vivienne Westwood,
collezione “Vive La Cocotte”,
Autunno-Inverno 1995/96
Completo due pezzi in lana verde smeraldo spazzolata.
La giacca presenta spalle e rever esageratamente allungati, occhielli e tasche bordati in scarlatto, rifiniti con bottoni neri a forma di ‘Orb’;
abbinata a una camicia Gold Label in seta a righe argento e grigio, con collo alto ‘pie crust’.
Vivienne Westwood,
collezione “Vive La Cocotte”, Autunno-Inverno 1995/96
Completo due pezzi in lana verde smeraldo spazzolata.
La giacca presenta spalle e rever esageratamente allungati, occhielli e tasche bordati in scarlatto, rifiniti con bottoni neri a forma di ‘Orb’;
abbinata a una camicia Gold Label in seta a righe argento e grigio, con collo alto ‘pie crust’.
Vivienne Westwood,
collezione “+5°”,
Autunno-Inverno 2009/10
Un paio di stivali platform in pelle nera.
Gli stivali alti fino al polpaccio presentano una piattaforma interna e un tacco impilato e scolpito.
Vivienne Westwood,
collezione “+5°”, Autunno-Inverno 2009/10
Un paio di stivali platform in pelle nera.
Gli stivali alti fino al polpaccio presentano una piattaforma interna e un tacco impilato e scolpito.
Vivienne Westwood,
collezione “Winter”,
Autunno-Inverno 2000/01
Completo due pezzi in duchesse satin verde smeraldo.
Il corsetto scivolato sulle spalle presenta uno strato esterno di satin drappeggiato, mentre la gonna a fisarmonica è arricchita da inserti a zigzag, Gold Label.
Vivienne Westwood,
collezione “Winter”, Autunno-Inverno 2000/01
Completo due pezzi in duchesse satin verde smeraldo.
Il corsetto scivolato sulle spalle presenta uno strato esterno di satin drappeggiato, mentre la gonna a fisarmonica è arricchita da inserti a zigzag, Gold Label.
Vivienne Westwood,
collezione “Climate Revolution”,
Primavera-Estate 2013
Un paio di stivali in pelle rossa e bianca con stampa ‘Squiggle’ e cintura abbinata.
Dotati di piattaforme interne, si chiudono con cinturini in pelle color cuoio e fibbie metalliche.
Vivienne Westwood,
collezione “Climate Revolution”, Primavera-Estate 2013
Un paio di stivali in pelle rossa e bianca con stampa ‘Squiggle’ e cintura abbinata.
Dotati di piattaforme interne, si chiudono con cinturini in pelle color cuoio e fibbie metalliche.
Vivienne Westwood,
collezione “Climate Revolution”,
Primavera-Estate 2013
Completo due pezzi in poliestere acetato elasticizzato con stampa nuvole.
Giacca e pantaloni con rovescio in satin grigio; la giacca presenta tasche sul petto a sacchetto e maniche a sbuffo, mentre i pantaloni a gamba dritta hanno tasche sulle ginocchia. Entrambi i capi mostrano cuciture a vista e grezze.
Vivienne Westwood,
collezione “Climate Revolution”, Primavera-Estate 2013
Completo due pezzi in poliestere acetato elasticizzato con stampa nuvole.
Giacca e pantaloni con rovescio in satin grigio; la giacca presenta tasche sul petto a sacchetto e maniche a sbuffo, mentre i pantaloni a gamba dritta hanno tasche sulle ginocchia. Entrambi i capi mostrano cuciture a vista e grezze.
Vivienne Westwood,
collezione “Chaos Point”,
Autunno-Inverno 2008/09
Un paio di décolleté nere in vernice, con punta squadrata e tacco a spillo.
Rifinite con un fiocco in gros-grain e dotate di piattaforme interne.
Vivienne Westwood,
collezione “Chaos Point”, Autunno-Inverno 2008/09
Un paio di décolleté nere in vernice, con punta squadrata e tacco a spillo.
Rifinite con un fiocco in gros-grain e dotate di piattaforme interne.
Vivienne Westwood,
collezione “Dressed to Scale”,
Autunno-Inverno 1998/99
Completo in cotone a coste con grandi bottoni ovali a forma di ‘Orb’ e camicia in raso a righe.
La giacca, a righe marroni, blu e nere, presenta maniche raglan e pannelli drappeggiati complessi; la gonna a tubino è a righe orizzontali.
La camicia a collo alto è rifinita con bottoni ‘Orb’ in tinta effetto ambra. Gold Label.
Vivienne Westwood,
collezione “Dressed to Scale”, Autunno-Inverno 1998/99
Completo in cotone a coste con grandi bottoni ovali a forma di ‘Orb’ e camicia in raso a righe.
La giacca, a righe marroni, blu e nere, presenta maniche raglan e pannelli drappeggiati complessi; la gonna a tubino è a righe orizzontali.
Vivienne Westwood,
collezione “Anglomania”,
Autunno-Inverno 1993/94
Girocollo a tre fili di perle finte con grande pendente ‘Orb’ in metallo dorato e strass.
Il pendente è decorato con paste rosse, bianche e blu, e nove elementi pendenti sospesi all’aureola. Chiusura con gancio a forma di ‘Orb’.
Vivienne Westwood,
collezione “Anglomania”, Autunno-Inverno 1993/94
Girocollo a tre fili di perle finte con grande pendente ‘Orb’ in metallo dorato e strass. Il pendente è decorato con paste rosse, bianche e blu, e nove elementi pendenti sospesi all’aureola. Chiusura con gancio a forma di ‘Orb’.
Vivienne Westwood,
collezione “Save the Rainforest”,
Autunno-Inverno 2014/15
Un paio di décolleté platform in seta blu.
Il tessuto è in broccato con fiori bianchi e decorato con un motivo rosso ‘Squiggle’ dipinto sopra.
Vivienne Westwood,
collezione “Save the Rainforest”, Autunno-Inverno 2014/15
Un paio di décolleté platform in seta blu.
Il tessuto è in broccato con fiori bianchi e decorato con un motivo rosso ‘Squiggle’ dipinto sopra.
Vivienne Westwood,
collezione “Anglomania”,
Autunno-Inverno 1993/94
Completo in tartan di lana MacAndreas.
Composto da una giacca aderente con colletto in velluto viola, chiusura asimmetrica con bottoni dorati a forma di ‘Orb’, e da un kilt a tutta lunghezza. Gold Label.
Vivienne Westwood,
collezione “Anglomania”, Autunno-Inverno 1993/94
Completo in tartan di lana MacAndreas.
Composto da una giacca aderente con colletto in velluto viola, chiusura asimmetrica con bottoni dorati a forma di ‘Orb’, e da un kilt a tutta lunghezza.

Fonti

London Museum

VOGUE

MEER

viviennewestwood

Christie’s

La collezione di Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi

Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, fratelli milanesi appartenenti all’aristocrazia lombarda, si impegnarono personalmente nel restauro e nella trasformazione del palazzo di famiglia, situato tra via Gesù e via Santo Spirito, ispirandosi al modello rinascimentale. Pur essendo entrambi laureati in giurisprudenza, non intrapresero mai la carriera forense, preferendo dedicare tempo, risorse ed energie alla valorizzazione della loro dimora e alla creazione di una raffinata collezione di opere d’arte, pensata per armonizzarsi con l’ambiente domestico.

Giuseppe e Fausto Bagatti Valsecchi in costumi per il torneo storico di Firenze in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio di Umberto I di Savoia e Margherita, 1868.

La scelta del Rinascimento come stile di riferimento non fu casuale: essa rifletteva l’orientamento culturale promosso dalla monarchia sabauda dopo l’Unità d’Italia, che vedeva in quell’epoca il momento ideale da cui trarre ispirazione per la costruzione di una nuova identità artistica nazionale, necessaria per rafforzare il senso di appartenenza del giovane Stato italiano.

Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi a cavallo nella Piazza d’Armi di Milano, 1880 circa.

Nonostante la profonda unione tra i due fratelli, le loro personalità erano differenti: Fausto era più estroverso e amante della vita mondana, mentre Giuseppe preferiva la tranquillità della vita domestica. Proprio Giuseppe garantì la continuità della famiglia attraverso il matrimonio con Carolina Borromeo, da cui nacquero cinque figli. Oltre alla passione per l’arte, Fausto e Giuseppe si occuparono della gestione dei beni familiari. Parteciparono alla vita sociale e culturale di Milano. Si dedicarono ad attività benefiche e viaggiarono spesso, sia in Italia che all’estero. Amavano anche lo sport, con passioni originali come l’equitazione, il velocipede e le ascensioni in pallone aerostatico.

Fausto Bagatti Valsecchi. Archivio Bagatti Valsecchi.
Fausto Bagatti Valsecchi. Archivio Bagatti Valsecchi.

Dopo la loro morte, la casa fu abitata dagli eredi fino al 1974. In quell’anno, Pasino, figlio di Giuseppe, decise di fondare la Fondazione Bagatti Valsecchi. Donò alla fondazione la collezione artistica creata dai suoi avi. In questo modo, il palazzo divenne un museo aperto al pubblico, preservando e valorizzando il patrimonio della famiglia.

Giuseppe Bagatti Valsecchi. Archivio Bagatti Valsecchi.
Giuseppe Bagatti Valsecchi. Archivio Bagatti Valsecchi.

La casa

I baroni Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi iniziarono a metà Ottocento un progetto ambizioso. Nel cuore di Milano, tra via Gesù e via Santo Spirito, decisero di trasformare il palazzo di famiglia.

Il loro obiettivo? Ricreare l’atmosfera domestica dei palazzi lombardi del Rinascimento. Non volevano un museo, ma una “dimora vivente”.

Museo Bagatti Valsecchi, Ingresso, foto Ruggero Longoni.
Sala dell’affresco, Museo Bagatti Valsecchi
Sala dell’affresco, Museo Bagatti Valsecchi

Nel corso di circa vent’anni, gli eredi acquistarono dipinti, arazzi, mobili, ceramiche, bronzi, vetri, armi e gioielli del XV–XVI secolo. Tutto doveva essere autentico e rispecchiare l’uso quotidiano rinascimentale.

Museo Bagatti Valsecchi, Biblioteca, foto Ruggero Longoni.
Museo Bagatti Valsecchi, Biblioteca, foto Ruggero Longoni.
Salone, Museo Bagatti Valsecchi
Salone, Museo Bagatti Valsecchi

Ogni stanza fu curata con attenzione. Per esempio, la “Camera rossa” riprendeva gli stemmi dei Bagatti Valsecchi e dei Borromeo, in ricordo del matrimonio di Giuseppe nel 1882.

Nel frattempo, il palazzo fu dotato di tecnologie moderne: acqua corrente, riscaldamento e luce elettrica. Un modo per conciliare passato e presente.

Museo Bagatti Valsecchi, Sala Bevilacqua, foto Ruggero Longoni.
Museo Bagatti Valsecchi, Sala Bevilacqua, foto Ruggero Longoni.
Camera del letto valtellinese, Museo Bagatti Valsecchi
Camera del letto valtellinese, Museo Bagatti Valsecchi
Camera Rossa, Museo Bagatti Valsecchi
Camera Rossa, Museo Bagatti Valsecchi

La collezione non era statica. Ogni pezzo era scelto con cura e studiato per integrarsi con l’arredamento, diventando parte della vita quotidiana.

Dopo la scomparsa dei due fratelli, l’eredità proseguì grazie al figlio di Giuseppe, Pasino. Nel 1974 costituì la Fondazione Bagatti Valsecchi e donò tutta la collezione. Nel 1994 la casa aprì al pubblico come museo.

Galleria delle Armi, Museo Bagatti Valsecchi
Galleria delle Armi, Museo Bagatti Valsecchi
Il salone del camino, Museo Bagatti Valsecchi. Foto Ruggero Longoni
Il salone del camino, Museo Bagatti Valsecchi. Foto Ruggero Longoni
Il salone del camino, Museo Bagatti Valsecchi. Foto Ruggero Longoni
Museo Bagatti Valsecchi, Sala Verde, foto Ruggero Longoni.
Museo Bagatti Valsecchi, Sala Verde, foto Ruggero Longoni.
Museo Bagatti Valsecchi, Sala da pranzo, foto Ruggero Longoni.

La collezione

I fratelli Bagatti Valsecchi raccolsero oggetti ispirati al Rinascimento italiano. La collezione comprende arredi, dipinti, sculture, ceramiche, vetri, tessuti e armi antiche. Ogni pezzo fu scelto con cura, per ricreare l’atmosfera autentica di una casa signorile del XV e XVI secolo.

I mobili sono in legno scolpito, spesso decorati con intarsi o motivi araldici. I dipinti raffigurano soggetti religiosi e ritratti d’epoca. Le ceramiche provengono da centri famosi come Faenza e Deruta. Non mancano cassoni nuziali, cofanetti, lumi e oggetti d’uso quotidiano.

Tutti gli oggetti erano destinati a essere vissuti, non solo ammirati. I fratelli volevano una casa “abitata nel passato”, non un museo statico. La loro raccolta racconta una passione vera per l’arte e per la storia.

CROCIFISSIONE 
Maestro vetraio su cartone di pittore di ambito fiammingo. Secondo-quarto decennio del XVI secolo. Vetrata a grisaille e giallo d'argento con inserti policromi, 70,5 × 58 cm.
CROCIFISSIONE
Maestro vetraio su cartone di pittore di ambito fiammingo. Secondo-quarto decennio del XVI secolo. Vetrata a grisaille e giallo d’argento con inserti policromi, 70,5 × 58 cm.
MADONNA CON IL BAMBINO, DUE ANGELI MUSICANTI; DIO PADRE E CHERUBINI. Giovanni Ambrogio Bevilacqua, fine del XVI secolo.  Tempera su tavola, ricami a fili d’oro e d’argento, pietre, smalti, vetro-oro, velluto, tessuto formato da anellini metallici 150 × 93 cm.
MADONNA CON IL BAMBINO, DUE ANGELI MUSICANTI; DIO PADRE E CHERUBINI. Giovanni Ambrogio Bevilacqua, fine del XVI secolo. Tempera su tavola, ricami a fili d’oro e d’argento, pietre, smalti, vetro-oro, velluto, tessuto formato da anellini metallici 150 × 93 cm.

SANTA GIUSTINA, Giovanni Bellini, 1470 ca
Tempera su tavola, 129 × 55 cm.
SANTA GIUSTINA, Giovanni Bellini, 1470 ca
Tempera su tavola, 129 × 55 cm.
SOLDATO CON, ALLEGORIA DELL'ANIMO, PIACEVOLE E FORTUNATO
Andrea Lilio, Primo quarto XVI sec.Olio su tela, 127 × 100.
SOLDATO CON, ALLEGORIA DELL’ANIMO, PIACEVOLE E FORTUNATO
Andrea Lilio, Primo quarto XVI sec.Olio su tela, 127 × 100.
RITRATTO DEL BEATO, LORENZO GIUSTINIANI
Gentile Bellini, Seconda metà del XV sec. 
Tempera mista a olio su tavola 40 × 29 cm.
RITRATTO DEL BEATO, LORENZO GIUSTINIANI
Gentile Bellini, Seconda metà del XV sec.
Tempera mista a olio su tavola 40 × 29 cm.
MADONNA CON, BAMBINO, copia da Joos Van Cleve. Sec. XVI - sec. XIX
Olio su tela, 82 × 54 cm.
MADONNA CON, BAMBINO, copia da Joos Van Cleve. Sec. XVI – sec. XIX
Olio su tela, 82 × 54 cm.
MADONNA CON IL BAMBINO, Scultore lombardo, Prima metà del XIV secolo. Terracotta, 200 × 51 cm.
MADONNA CON IL BAMBINO, Scultore lombardo, Prima metà del XIV secolo. Terracotta, 200 × 51 cm.
MADONNA COL BAMBINO, Manifattura siciliana. Fine XV secolo.
Marmo, 60 × 15 × 13 cm. Basamento esagonale: 19 x 13 x 13 cm.
MADONNA COL BAMBINO, Manifattura siciliana. Fine XV secolo.
Marmo, 60 × 15 × 13 cm. Basamento esagonale: 19 x 13 x 13 cm.
DOPPIA EFFIGIE DELLA VERGINE SU BASE. Arte lombarda, inizi del XVI, secolo. Ferro 55 x 25 cm.
CROCE. Oreficeria lombarda, Inizi del XIV secolo. Rame dorato, 47,8 x 41,7 cm.
CROCE. Oreficeria lombarda, Inizi del XIV secolo. Rame dorato, 47,8 x 41,7 cm.
OSTENSORIO. Arte lombarda. Seconda metà del XV secolo. Argento e rame argentato, 47,6 x 16,2 cm.
OSTENSORIO. Arte lombarda. Seconda metà del XV secolo. Argento e rame argentato, 47,6 x 16,2 cm.

PISSIDE. Arte lombarda, metà del XVI secolo. Rame dorato, 21,5 × 12,8 cm.
PISSIDE. Arte lombarda, metà del XVI secolo. Rame dorato, 21,5 × 12,8 cm.

COPPA CON COPERCHIO. Arte veneziana, inizi del XVI secolo. Rame smaltato, 19,8 x 14 cm.
COPPA CON COPERCHIO. Arte veneziana, inizi del XVI secolo. Rame smaltato, 19,8 x 14 cm.

CROCIFISSIONE. Il Moderno. Circa l'anno 1500
Placchetta in bronzo fuso, 12,7 x 9,1 cm.
CROCIFISSIONE. Il Moderno. Circa l’anno 1500
Placchetta in bronzo fuso, 12,7 x 9,1 cm.

FORCHETTA CON CUCCHIAIO. Manifattura Italia settentrionale. Fine del XVI secolo, argento.
FORCHETTA CON CUCCHIAIO. Manifattura Italia settentrionale. Fine del XVI secolo, argento.

COPPA. Manifattura tedesca, fine del XVI - inizi del XVII secolo. 
Conchiglia e ottone dorato altezza: 25,4 cm, 11 cm
altezza sostegno metallico: 15,5 cm.
COPPA. Manifattura tedesca, fine del XVI – inizi del XVII secolo.
Conchiglia e ottone dorato altezza: 25,4 cm, 11 cm
altezza sostegno metallico: 15,5 cm.
CALICE A COPPA CONICA. Venezia fine del XVII - inizi del XVIII secolo.
Vetro trasparente e vetro azzurro, altezza: 17,5 cmg 9 cm, diametro piede 8 cm.
CALICE A COPPA CONICA. Venezia fine del XVII – inizi del XVIII secolo.
Vetro trasparente e vetro azzurro, altezza: 17,5 cmg 9 cm, diametro piede 8 cm.
CALICE A COPPA OTTAGONALE
Venezia, primi due decenni del XX secolo. Vetro trasparente, altezza: 30 cm,  11 cm, diametro piede 10 cm.
CALICE A COPPA OTTAGONALE
Venezia, primi due decenni del XX secolo. Vetro trasparente, altezza: 30 cm, 11 cm, diametro piede 10 cm.
CALICE A COPPA, POLILOBATA
Venezia, Ultimo quarto del XIX secolo. Vetro trasparente e foglia d’oro, altezza: 11 cm, 9 cm diametro, piede 5,5 cm.

IL SOLE E I SUOI FIGLI. Fiandre, manifattura di Oudenaarde.
Circa 1550 -1560. Arazzi; ordito: 5 fili per cm; trame di lana e seta, con filati d'oro sovrapposti, 300 × 138 cm contorno 340 x 418 cm.
IL SOLE E I SUOI FIGLI. Fiandre, manifattura di Oudenaarde.
Circa 1550 -1560. Arazzi; ordito: 5 fili per cm; trame di lana e seta, con filati d’oro sovrapposti, 300 × 138 cm contorno 340 x 418 cm.

GUANTI. Manifattura italiana. Metà del XVI secolo
Seta rossa broccata in oro filato, maglia di seta rossa, 27 × 18,5 cm.
GUANTI. Manifattura italiana. Metà del XVI secolo
Seta rossa broccata in oro filato, maglia di seta rossa, 27 × 18,5 cm.

CUSCINO. Manifattura milanese, 1880-1885, dorato, 38 x 45 cm.
Velluto di seta rosso; ricamo ad applicazione; cordoncino in filo ritorto.

PAIO DI CANDELIERI. Italia settentrionale, XVII secolo, ottone
19,5 × 16 cm.
PAIO DI CANDELIERI. Italia settentrionale, XVII secolo, ottone
19,5 × 16 cm.
ARMADIO. Innocente Cattaneo, 1885. Legno di noce, 270 x 160 x 65,5 cm.
ARMADIO. Innocente Cattaneo, 1885. Legno di noce, 270 x 160 x 65,5 cm.

CASSETTA. Manifattura fiorentina o veneta, XV secolo. Legno di noce e avorio, 20,5 × 46,5 × 31 cm.

CASSETTA. Manifattura italia centrale. Prima metà del XVI secolo, legno di noce, 30 × 65 × 29 cm.
CASSETTA. Manifattura italia centrale. Prima metà del XVI secolo, legno di noce, 30 × 65 × 29 cm.

Fonti

Museo Bagatti Valsecchi

Storiemilanesi

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AD

Audrey Hepburn wearing Givenchy in Funny Face (1957)

All’asta la collezione privata di Audrey Hepburn

Nata a Bruxelles nel 1929, Audrey Kathleen Hepburn trascorse l’infanzia tra Belgio, Inghilterra e Paesi Bassi. Studiò danza classica e si esibì come corista nel West End di Londra. Prima di trasferirsi negli Stati Uniti per recitare a Broadway in Gigi nel 1951. Raggiunse la fama internazionale nel 1953 grazie alla sua interpretazione in Vacanze Romane, che le valse un Oscar.

Hepburn vinse tre BAFTA e nel 1994 divenne una delle sole 12 persone nella storia ad aver vinto i premi Emmy, Grammy, Oscar e Tony. Noti con l’acronimo EGOT. Recitò in numerosi film amati e acclamati dalla critica, tra cui Colazione da TiffanyFunny FaceMy Fair Lady e Sabrina. In età più avanzata, si dedicò soprattutto al lavoro umanitario con l’UNICEF. Nel dicembre 1992 ricevette la Medaglia Presidenziale della Libertà per il suo impegno come Ambasciatrice di Buona Volontà. Audrey Hepburn morì nel 1993 all’età di 63 anni.

Lo stile

Hepburn è stata strettamente legata allo stilista Hubert de Givenchy, da lei personalmente suggerito per disegnare i costumi del suo secondo film hollywoodiano, Sabrina.

Hubert de Givenchy nel suo studio nel 1955.
Hubert de Givenchy nel suo studio nel 1955.
Sabrina , 1954
Sabrina , 1954
Colazione da Tiffany
1961
Colazione da Tiffany, 1961
Colazione da Tiffany, 1961
Colazione da Tiffany, 1961

I due diventarono grandi amici e collaborarono spesso. Givenchy creò i costumi per AriannaFunny FaceColazione da TiffanyInsieme a Parigi e Come rubare un milione di dollari e vivere felici. Audrey indossava frequentemente i suoi abiti anche fuori dal set. Uno dei pezzi più importanti dell’asta è un abito da cocktail in raso blu di Givenchy. Indossato da Hepburn in uno shooting fotografico con William Klein per promuovere il film Due per la strada nel 1966. L’abito è decorato con frange in raso blu e incarna lo stile semplice ma sofisticato per cui sia Givenchy sia Hepburn sono famosi.

Due per la strada, 1967
Un abito da cocktail in cloqué di raso azzurro chiaro Givenchy, collezione Autunno-Inverno 1966-67.
Due per la strada, 1967
Un abito da cocktail in cloqué di raso azzurro chiaro Givenchy, collezione Autunno-Inverno 1966-67.

Nel dicembre 2006, un abito da sera nero in raso disegnato da Givenchy per Audrey Hepburn nel ruolo di Holly Golightly in Colazione da Tiffany. É stato venduto da Christie’s South Kensington per £456.200. Il vestito, stimato inizialmente tra £50.000 e £70.000, ha stabilito un nuovo record mondiale per un oggetto legato alla star.

L'abito da sera indossato da Holly Golightly, interpretato da Audrey Hepburn, nel film di Blake Edwards, Breakfast at Tiffany's, 1961Givenchy.
Foto di Luc Castel
L’abito da sera indossato da Holly Golightly, interpretato da Audrey Hepburn, nel film di Blake Edwards, Breakfast at Tiffany’s, 1961Givenchy.
Foto di Luc Castel

Fotografie

Le aste presenteranno anche l’archivio fotografico personale di Audrey Hepburn. Composto da scatti della sua vita privata e da ritratti formali realizzati da importanti fotografi, risalenti all’apice della sua carriera cinematografica. I pezzi più importanti includono ritratti personali scattati da Bud Fraker, fotografo di scena per Colazione da Tiffany. Fotografie di costumi di scena per My Fair Lady, insieme a ritratti personali realizzati da Cecil Beaton. Anche stampe di Audrey Hepburn per Vanity Fair realizzate dal fotografo di moda Steven Meisel.

Steven Meisel (n. 1954)
Audrey Hepburn, Vanity Fair, maggio 1991
Stampa alla gelatina ai sali d’argento
Dedicato “To Audrey Love Steven” a matita (sul retro)
Immagine/foglio: 33 × 26 cm
Love in the Afternoon (1957)
Sid Avery (1918–2002)
Audrey Hepburn e Mr. Famous ai Paramount Studios, dicembre 1956
Stampa alla gelatina ai sali d’argento
Annotato a matita: "Dic 1956 California dopo Love in the Afternoon" e a inchiostro: "not for reproduction" (sul retro)
Love in the Afternoon (1957), Sid Avery (1918–2002)
Audrey Hepburn e Mr. Famous ai Paramount Studios, dicembre 1956
Stampa alla gelatina ai sali d’argento
Annotato a matita: “Dic 1956 California dopo Love in the Afternoon” e a inchiostro: “not for reproduction” (sul retro)

Ricordi cinematografici

Le aste includeranno anche copioni originali annotati personalmente da Audrey Hepburn per alcuni dei suoi film più amati, tra cui Colazione da TiffanySciarada . Hepburn scriveva appunti con inchiostro turchese nei margini e sulla pagina sinistra, mentre preparava l’interpretazione di alcuni dei personaggi più memorabili di Hollywood.

Gigi, Copione di lavoro di Audrey Hepburn, 1951-1952
Gigi, Copione di lavoro di Audrey Hepburn, 1951-1952
Colazione da Tiffany, 1961
Copione di lavoro di Audrey Hepburn per la produzione Paramount del 1961 Colazione da Tiffany, datato 3 agosto 1960
Colazione da Tiffany, 1961
Copione di lavoro di Audrey Hepburn per la produzione Paramount del 1961 Colazione da Tiffany, datato 3 agosto 1960

L’asta

La collezione personale di Audrey Hepburn, custodita fino ad oggi dalla sua famiglia, viene messa all’asta per la prima volta, offrendo uno sguardo intimo sulla vita e la carriera di una delle icone più amate del cinema e della moda. La raccolta comprende capi originali del suo guardaroba, copioni dei suoi film annotati a mano, fotografie personali scattate da celebri fotografi e una selezione di memorabilia e lettere private.

Cappotto in gabardine di lana color avorio
Rose Bertin, Losanna, 1967/68
Cappotto in gabardine di lana color avorio
Rose Bertin, Losanna, 1967/68

Girocollo e bracciale coordinato in perline di vetro colorato
Il girocollo, metà del XX secolo
Girocollo e bracciale coordinato in perline di vetro colorato
Il girocollo, metà del XX secolo
Vacanze romane, 1953
Tommy Weber
Audrey Hepburn con il suo Oscar come Miglior Attrice per Vacanze romane, insieme al presentatore Jean Hersholt durante la 26ª edizione degli Academy Awards, New York, 25 marzo 1954
Vacanze romane, 1953, Tommy Weber
Audrey Hepburn con il suo Oscar come Miglior Attrice per Vacanze romane, insieme al presentatore Jean Hersholt durante la 26ª edizione degli Academy Awards, New York, 25 marzo 1954
Valigia rigida Alzer
Louis Vuitton, circa 1970
Valigia rigida Alzer, Louis Vuitton, circa 1970

Tra i pezzi più significativi figurano abiti firmati Givenchy, accessori iconici, immagini di scena e ritratti formali risalenti al periodo d’oro della sua carriera, tra il 1953 e il 1968. La collezione testimonia non solo il suo stile unico ed elegante, ma anche il lato più personale e umano di una figura che continua a ispirare il mondo. L’asta rappresenta un’opportunità unica per fan e collezionisti di entrare in contatto diretto con il patrimonio autentico di Audrey Hepburn.

Portarossetto
Cartier, circa 1950
Di forma cilindrica scanalata, con coperchio decorato da un cabochon di zaffiro a forma di cuscino come elemento di apertura; all’interno il rossetto. La base reca le iniziali incise A.F., punzone francese.
Firmato Cartier Paris e numerato (numero poco leggibile) O1427
10 × 2 cm
Portarossetto
Cartier, circa 1950
Di forma cilindrica scanalata, con coperchio decorato da un cabochon di zaffiro a forma di cuscino come elemento di apertura; all’interno il rossetto. La base reca le iniziali incise A.F., punzone francese.
Firmato Cartier Paris e numerato (numero poco leggibile) O1427
10 × 2 cm
Mantella da sera in organza gialla
Senza etichetta, probabilmente Givenchy, anni ’60
Decorata con una larga fascia di piume ricciute di colore giallo gallo montate su tulle; sottoveste nera non inclusa
Mantella da sera in organza gialla
Senza etichetta, probabilmente Givenchy, anni ’60
Decorata con una larga fascia di piume ricciute di colore giallo gallo montate su tulle; sottoveste nera non inclusa
Funny Face, 1957
Dodici mini locandine a colori statunitensi per la produzione Paramount del 1957 Funny Face
20,32 × 25,4 cm (8 × 10 pollici)
Funny Face, 1957
Dodici mini locandine a colori statunitensi per la produzione Paramount del 1957 Funny Face
20,32 × 25,4 cm (8 × 10 pollici)
Mayerling, 1957
Dorothy Jeakins (1914–1995)
Due bozzetti di costume acquerellati e a matita per Audrey Hepburn nel ruolo della baronessa Mary Vetsera nella produzione televisiva NBC del 1957 Mayerling.
Mayerling, 1957
Dorothy Jeakins (1914–1995)
Due bozzetti di costume acquerellati e a matita per Audrey Hepburn nel ruolo della baronessa Mary Vetsera nella produzione televisiva NBC del 1957 Mayerling.
Green Mansions, 1958
Bob Willoughby (1927–2009)
Audrey Hepburn e Pippin (Ip), Beverly Hills
Sei stampe alla gelatina ai sali d’argento
Ognuna con timbro del fotografo (sul retro)
Dimensioni di ciascuna immagine/foglio: 35,6 × 23,5 cm (14 × 9 ¼ pollici)
(6 pezzi)
Green Mansions, 1958
Bob Willoughby (1927–2009)
Audrey Hepburn e Pippin (Ip), Beverly Hills
Sei stampe alla gelatina ai sali d’argento
My Fair Lady, 1964
Cecil Beaton (1904–1980)
Audrey Hepburn nel ruolo di Eliza Doolittle, 1963
Stampa alla gelatina ai sali d’argento
Con timbro "please acknowledge Cecil Beaton photograph" (sul retro)
Dimensioni del foglio: 35,5 × 28 cm (14 × 11 pollici)
My Fair Lady, 1964
Cecil Beaton (1904–1980)
Audrey Hepburn nel ruolo di Eliza Doolittle, 1963
Stampa alla gelatina ai sali d’argento
Con timbro “please acknowledge Cecil Beaton photograph” (sul retro)
Dimensioni del foglio: 35,5 × 28 cm (14 × 11 pollici)
Borsa a tracolla in paglia intrecciata marrone smaltata
Senza etichetta, circa 1980
La ferramenta reca le incisioni ‘PAT.P.130601’ e ‘TOWANNY’
Dimensioni: 13,5 × 17 cm (5 ¼ × 6 ¾ pollici)
Borsa a tracolla in paglia intrecciata marrone smaltata
Senza etichetta, circa 1980
La ferramenta reca le incisioni ‘PAT.P.130601’ e ‘TOWANNY’
Dimensioni: 13,5 × 17 cm (5 ¼ × 6 ¾ pollici)
Abito da cocktail in raso nero
Givenchy Couture, 1968
Orlato al collo e all’orlo con una ruche di piume nere, con dettagli di piume ritagliate fluttuanti, con etichetta in tela recante la scritta Givenchy 7
Abito da cocktail in raso nero
Givenchy Couture, 1968
Orlato al collo e all’orlo con una ruche di piume nere, con dettagli di piume ritagliate fluttuanti, con etichetta in tela recante la scritta Givenchy 7
Una collana, bracciale e orecchini a torque in metallo dorato
Zolotas, anni ’90
Una collana, bracciale e orecchini a torque in metallo dorato
Zolotas, anni ’90
Un abito da sera in crepe di seta nera
André Laug per Laure Sas, Roma, 1985
Con maniche corte a sbuffo in gazar di raso, cintura in vita
Un abito da sera in crepe di seta nera
André Laug per Laure Sas, Roma, 1985
Con maniche corte a sbuffo in gazar di raso, cintura in vita
PHILIPPE HALSMAN (1906-1979)
Audrey Hepburn, Italia, 18 luglio 1955
Stampa al gelatino argento
Timbratura del copyright del fotografo (retro)
Immagine/foglio: 34,2 x 27 cm (13 ½ x 10 ⅝ in.)
PHILIPPE HALSMAN (1906-1979)
Audrey Hepburn, Italia, 18 luglio 1955
Stampa al gelatino argento
Timbratura del copyright del fotografo (retro)
Immagine/foglio: 34,2 x 27 cm (13 ½ x 10 ⅝ in.)

Fonti

Christie’s

TheHollywoodreporter

HarpersBazaar

VOGUE

La camera delle meraviglie di André Breton

Ritratto di André Breton è una stampa fotografica dadaista creata da Man Ray nel 1930
Ritratto di André Breton è una stampa fotografica dadaista creata da Man Ray nel 1930.

André Breton (1896-1966) è una figura centrale nell’arte e nella letteratura del XX secolo, riconosciuto principalmente come il fondatore e teorico principale del movimento surrealista. Nato a Tinchebray, in Normandia, Breton si formò come medico e psichiatra, ma fu la sua passione per la letteratura e la ricerca dell’inconscio che lo portarono a rivoluzionare il panorama artistico e culturale dell’epoca.

Nel 1924 pubblicò il Manifesto del Surrealismo, testo fondativo che definisce il surrealismo come “automatismo psichico puro” volto a esprimere il funzionamento reale del pensiero, al di là di ogni controllo razionale o morale. Breton promosse la libera associazione di idee, il sogno, l’irrazionale, e la fusione tra realtà e immaginazione come strumenti essenziali per liberare la creatività. Attraverso la sua attività di scrittore, teorico, critico e organizzatore di esposizioni, Breton influenzò non solo la letteratura, ma anche la pittura, il cinema, la fotografia e la scultura, coinvolgendo artisti del calibro di Salvador Dalí, Max Ernst e René Magritte. Oltre all’aspetto artistico, Breton ebbe un forte impegno politico e filosofico, sostenendo il potere rivoluzionario dell’arte e la sua capacità di trasformare la società. La sua opera continua a rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia comprendere le dinamiche dell’arte moderna e contemporanea.

Ritratto di André Breton a New York nel 1943.
Ritratto di André Breton a New York nel 1943.

La casa e l’atelier de la rue Fontaine

La casa di André Breton, situata nel cuore di Parigi, rappresenta molto più di un semplice spazio abitativo: è un vero e proprio santuario della creatività e dell’arte surrealista. Questo luogo, che ha ospitato il poeta e pensatore per molti anni, è stato testimone diretto della genesi di molte idee e opere che hanno segnato la storia del surrealismo. La casa riflette la personalità poliedrica di Breton: un ambiente che mescola armoniosamente elementi di quotidianità e simbolismi onirici, dove ogni oggetto, ogni angolo, sembra raccontare una storia o evocare un sogno.

André Breton, fotografia di  Ida Kar,  1960
André Breton, fotografia di Ida Kar, 1960

Qui Breton riceveva amici e collaboratori, artisti e intellettuali, trasformando la casa in un laboratorio culturale e uno spazio di scambio intellettuale. Le pareti sono decorate con opere originali e reperti che riflettono la passione di Breton per l’arte d’avanguardia e la letteratura, conservando un’atmosfera unica che fonde vita privata e produzione artistica. Visitare la casa di Breton significa entrare in contatto con la dimensione intima e creativa di un uomo che ha segnato profondamente la storia dell’arte, scoprendo i dettagli e i segreti di un ambiente che ha influenzato la sua visione rivoluzionaria.

L'atelier di via Fontaine, archivio Breton.
Nel atelier di via Fontaine, archivio Breton.

L'atelier di via Fontaine, archivio Breton.
Presso l’atelier di via Fontaine, archivio Breton.

L'atelier di via Fontaine, archivio Breton.
Nel atelier di via Fontaine, archivio Breton.

L'atelier di via Fontaine, archivio Breton.
Presso l’atelier di via Fontaine, archivio Breton.
L'atelier di via Fontaine, archivio Breton.
L’atelier di via Fontaine, archivio Breton.

L'atelier di via Fontaine, archivio Breton.
L’atelier di via Fontaine, archivio Breton.

La collezione

La collezione di André Breton è una testimonianza preziosa del suo ruolo di mecenate e promotore dell’arte surrealista, nonché della sua profonda curiosità intellettuale e apertura verso le forme più innovative dell’espressione artistica.

Ritratto André Breton. Collezione di National Gallery, Londra.
Ritratto André Breton. Collezione di National Gallery, Londra.

La collezione comprende una vasta gamma di opere che spaziano dalla pittura alla scultura, dal collage agli oggetti d’arte, fino a libri rari e manoscritti originali. Questi pezzi riflettono non solo il gusto personale di Breton, ma anche le relazioni strette che intratteneva con artisti e scrittori del suo tempo.

André Breton a casa nel 1961, Henri Cartier-Bresson.  Biblioteca Kandinsky, Centro Pompidou.
André Breton a casa nel 1961, Henri Cartier-Bresson. Biblioteca Kandinsky, Centro Pompidou.

Molte delle opere presenti nella sua collezione sono espressione della rottura con le tradizioni accademiche e della sperimentazione di nuove tecniche e linguaggi, caratteristici del surrealismo. Attraverso questa raccolta, Breton dimostra il suo impegno a sostenere artisti emergenti e a diffondere un’arte che rompeva con la logica convenzionale per esplorare l’inconscio, il sogno e l’irrazionale. La collezione è dunque un vero e proprio archivio vivente del movimento surrealista, offrendo una panoramica unica sulle correnti culturali e artistiche che hanno definito un’intera epoca e che continuano a influenzare la creatività contemporanea.

Ritratto di André Breton nel suo appartamento, 42 rue Fontaine, Parigi nel giugno 1955. Foto  Sabine Weiss
Ritratto di André Breton nel suo appartamento, 42 rue Fontaine, Parigi nel giugno 1955. Foto Sabine Weiss

I tesori

Donna seduta, cultura Jalisco, Messico.
Donna seduta, cultura Jalisco, Messico.
Fleur d'écume,  Duvillier,  1955
Fleur d’écume, Duvillier, 1955
La Reine Marianna,  Alberto Gironella, 1962.
La Reine Marianna,  Alberto Gironella, 1962.
Statua dell'antenato Korwar, Regione Korwar, Nuova Guinea indonesiana, Melanesia.
Statua dell’antenato Korwar, Regione Korwar, Nuova Guinea indonesiana, Melanesia.
Scudo di danza

Nuovo Messico
Scudo di danza, Nuovo Messico.
Maschera poro-polo, Nuova Guinea.
Maschera poro-polo, Nuova Guinea.
Statuetta del busto, stile Nicoya, Costa Rica.
Statuetta del busto, stile Nicoya, Costa Rica.
Salomone I Re di Bretagna,  Charles Filiger, 1903.
Salomone I Re di Bretagna, Charles Filiger, 1903.
Pendente pettorale, Peperoncino.
Pendente pettorale, Peperoncino.
Personaggio di pietra, Isola di Pasqua.
Personaggio di pietra, Isola di Pasqua.
Cranio sovramodellato, Nuova Irlanda.
Cranio sovramodellato, Nuova Irlanda.
Statuette femminili, Messico.
Statuette femminili, Messico.
Cranio Asmat, Irian Jaya, Nuova Guinea.
Cranio Asmat, Irian Jaya, Nuova Guinea.
Pannello con quattro figure hopies, Nuovo Messico.
Pannello con quattro figure hopies, Nuovo Messico.
Palla sospesa, Alberto Giacometti, 1930.
Palla sospesa, Alberto Giacometti, 1930.
Figura antropomorfa Quimbaya Riocanca, Colombia.
Figura antropomorfa Quimbaya Riocanca, Colombia.
Mobile con piccoli cassetti, Francia, 1900.
Mobile con piccoli cassetti, Francia, 1900.
Scatola di cicale, 1939.
Scatola di cicale, 1939.
Testa, Joan Mirò, 1927.
Testa, Joan Mirò, 1927.
Vase anthropomorphe, culture Mottica (Quimbaya), Colombie.
Vase anthropomorphe, culture Mottica (Quimbaya), Colombie.
Teschio Sepico sovramodellato, Nuova Guinea, Medio-Sepico.
Teschio Sepico sovramodellato, Nuova Guinea, Medio-Sepico.
Statuetta Fly River, Nuova Guinea.
Statuetta Fly River, Nuova Guinea.
Mobile spagnolo a cassetti, Spagna.
Mobile spagnolo a cassetti, Spagna.
Teschio sovramodellato Lor, Nuova Bretagna.
Teschio sovramodellato Lor, Nuova Bretagna.
Tiki maori, Nuova Zelanda.
Tiki maori, Nuova Zelanda.
Studio per la Donna in camicia, Pablo Picasso, 1914.
Studio per la Donna in camicia, Pablo Picasso, 1914.
Mappamondo contenente uccelli esotici
Mappamondo contenente uccelli esotici
Cranio sepico sovramodellato, Nuova Guinea, Medio-Sepico.
Cranio sepico sovramodellato, Nuova Guinea, Medio-Sepico.
Oggetto, Valentine Hugo, 1930.
Oggetto, Valentine Hugo, 1930.
Piccolo Bianco,  Vassily Kandinsky, 1928.
Piccolo Bianco,  Vassily Kandinsky, 1928.
Maschera haida, Isola della regina Charlotte (Haida Gwaii), Columbia Britannica.
Maschera haida, Isola della regina Charlotte (Haida Gwaii), Columbia Britannica.
Polline nero, Jean Degottex, 1955.
Polline nero, Jean Degottex, 1955.
Copricapetto cerimoniale kwakwaka'wakw, Columbia Britannica.
Copricapetto cerimoniale kwakwaka’wakw, Columbia Britannica.
Mensola  in pietra, Francia, XV sec.
Mensola in pietra, Francia, XV sec.
Scatola che funge da espositore per una bambola Zuni eseguita da Mimi Parent su richiesta di André Breton.
Scatola che funge da espositore per una bambola Zuni eseguita da Mimi Parent su richiesta di André Breton.
Una vista del « Muro Bretone » nel Museo nazionale d'arte moderna. Centro Pompidou
Una vista del « Muro Bretone » nel Museo nazionale d’arte moderna. Centro Pompidou

Fonti

André Breton Archivio

Centr Pompidou

National Portrait Gallery

L’asta della collezione del Hôtel Lambert del 2022 di Sotheby’s

Hôtel Lambert. Sotheby's
Hôtel Lambert. Sotheby’s

Nel cuore pulsante di Parigi sorge uno degli edifici più iconici ed esclusivi della città: l’Hôtel Lambert. Capolavoro dell’architettura francese, questo palazzo rappresenta un raro gioiello incastonato tra le meraviglie dell’Isle Saint-Louis, incarnando perfettamente l’essenza del lusso parigino. Già la sua facciata esterna lascia intuire l’eleganza che lo contraddistingue, ma è varcando le sue porte che si viene davvero rapiti dalla magnificenza degli interni: velluti dai toni porpora, sontuose decorazioni dorate e un’atmosfera che rimanda a un fasto senza tempo. Eppure, l’incanto dell’Hôtel Lambert non si limita alla bellezza architettonica e decorativa. Il suo vero fascino risiede nella storia secolare che custodisce.

The library of the hôtel Lambert in Paris. Watercolor by Alexandre Serebriakoff (1907-1994). France, 20th century. © DEA / G. FROM THE ORTI/Getty Images
The library of the hôtel Lambert in Paris. Watercolor by Alexandre Serebriakoff (1907-1994). France, 20th century. © DEA / G. FROM THE ORTI/Getty Images

La storia

Dal 1640, anno in cui fu commissionato dall’influente finanziere Jean-Baptiste Lambert, questo palazzo è stato simbolo di prestigio per l’élite parigina e internazionale.

Polacca di "Chopin - un ballo all'Hôtel Lambert a Parigi", affresco e guazzo, 1849-1860, dipinto da Teofil Kwiatkowski, National Museum in Poznań.
Polacca di “Chopin – un ballo all’Hôtel Lambert a Parigi”, affresco e guazzo, 1849-1860, dipinto da Teofil Kwiatkowski, National Museum in Poznań.

Progettato da Louis Le Vau, maestro del classicismo barocco e autore del celebre castello di Vaux-le-Vicomte, l’Hôtel Lambert fu completato in soli quattro anni, aprendo ufficialmente le sue porte nel 1644. Per gli interni vennero chiamati tre dei più grandi pittori dell’epoca – Charles Le Brun, François Perrier ed Eustache Le Sueur – che per cinque anni collaborarono alla realizzazione di uno degli apparati decorativi più straordinari mai creati in una residenza privata francese. tre pittori furono solo i primi tra molti illustri personaggi che avrebbero attraversato le sontuose stanze dell’Hôtel Lambert. Dopo la morte di Jean-Baptiste Lambert, la proprietà passò al fratello, che contribuì a renderla – se possibile – ancora più celebre.

Rifugio principesco

Fu tra queste mura che prese forma una delle storie d’amore più emblematiche dell’Illuminismo: quella tra la marchesa Émilie du Châtelet e Voltaire, il quale scrisse di lei: “Non ho perduto un’amante, ma la metà di me stesso. Un’anima per la quale sembrava fatta la mia.”

Adam Jerzy Czartoryski fotografato da Felix Nadar intorno al 1855.
Adam Jerzy Czartoryski fotografato da Felix Nadar intorno al 1855.

Nel 1843, il palazzo divenne residenza d’esilio per il principe polacco Adam Jerzy Czartoryski, da cui derivò il soprannome di “Hôtel”, in senso politico e diplomatico. In seguito, fu oggetto di importanti rinnovamenti sotto la guida di Alexis de Redé, raffinato collezionista e figura di spicco della mondanità parigina del XX secolo.

Le sue vicende si intrecciarono anche con quelle di eccentrici vicini, come Millicent, Duchessa di Sutherland, che trasformò parte del giardino in un cimitero per i suoi animali domestici, lasciando piccole tombe a ricordarli.

I Balli Leggendari di Alexis de Redé all’Hôtel Lambert

Indimenticabili le feste organizzate da Alexis de Redé, autentici capolavori di eleganza e teatralità. Tra queste, il celebre Bal des Têtes, tenutosi il 23 giugno 1957, il cui dress code richiedeva agli ospiti di indossare un copricapo originale. Per l’occasione, il barone si affidò all’assistente di un suo caro amico, Christian Dior. Si trattava di un giovane talento destinato a rivoluzionare la moda: Yves Saint Laurent.

Alexis de Redé (al centro) al Ballo Orientale. Successione del defunto barone Alexis de Redé – signora Charlotte Aillaud.
Alexis de Redé (al centro) al Ballo Orientale. Successione del defunto barone Alexis de Redé – signora Charlotte Aillaud.
La galleria di Ercole dell'hotel Lambert la sera del ballo orientale (illustrazione Alexandre Serebriakoff)
La galleria di Ercole dell’hotel Lambert la sera del ballo orientale (illustrazione Alexandre Serebriakoff)
Alexandre Sérébriakoff, Il cortile dell’Hôtel Lambert la sera del Ballo Orientale del 5 luglio 1969
Alexandre Sérébriakoff, Il cortile dell’Hôtel Lambert la sera del Ballo Orientale del 5 luglio 1969

Dodici anni dopo, nel 1969, un altro evento fece scalpore tra i salotti dell’élite parigina: il Bal Oriental. De Redé non badò a spese e coinvolse i celebri decoratori Jean-François Daigre e Valérian Stux-Rybar per trasformare l’Hôtel Lambert in una favola esotica. I quattrocento ospiti furono accolti da due elefanti di cartapesta a grandezza naturale e da uno spettacolo continuo di fuochi e fiaccole che animava il giardino, creando un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà.

Baron de Redé, Amanda Lear e Salvador Dalí al Bal Oriental nell'Hôtel Lambert nel 1969.

Fotografia: Sotheby's
Baron de Redé, Amanda Lear e Salvador Dalí al Bal Oriental nell’Hôtel Lambert nel 1969. Fotografia: Sotheby’s

Madame Leonora Cornett, Cecil Beaton e Yves Saint Laurent all'Hôtel Lambert.

Fotografia: André Ostier/Sotheby's
Madame Leonora Cornett, Cecil Beaton e Yves Saint Laurent all’Hôtel Lambert. Fotografia: André Ostier/Sotheby’s

La lista degli invitati era degna di un romanzo: Brigitte Bardot, Salvador Dalí, Marie Bell, Liza Minnelli, la principessa di Danimarca, il principe di Thurn und Taxis, la viscontessa de Bonchamps e molte altre figure di spicco del jet-set internazionale.

Salvador Dalí e Amanda Lear al ballo orientale del barone de Redé nel 1969 © Jean-Claude Deutsch/Paris Match/Getty Images
Salvador Dalí e Amanda Lear al ballo orientale del barone de Redé nel 1969. Jean-Claude Deutsch/Paris Match/Getty Images
Un ricevimento della famiglia Rothschild all'Hôtel Lambert, 1981. © Pierre VAUTHEY/Getty Images
Un ricevimento della famiglia Rothschild all’Hôtel Lambert, 1981. © Pierre VAUTHEY/Getty Images

L’asta di Sotheby’s

Nel 1975, l’Hôtel Lambert passò nelle mani del barone Guy de Rothschild e di sua moglie Marie-Hélène, icona del jet-set internazionale. Nel 2007, la residenza fu poi acquistata dal principe del Qatar Abdullah bin Khalifa al-Thani, che nel corso degli anni vi raccolse arredi e opere di straordinario pregio e opulenza. La sua collezione fu talmente ricca da rendere necessarie ben cinque aste organizzate da Sotheby’s per metterne in vendita i tesori.

I sontuosi interni dell'Hôtel Lambert, dell'interior designer Alberto Pinto, che in molte stanze ha seguito lo stile sontuoso originariamente previsto e concepito da Renzo Mongiardino.

Fotografia: Sotheby's
I sontuosi interni dell’Hôtel Lambert, dell’interior designer Alberto Pinto, che in molte stanze ha seguito lo stile sontuoso originariamente previsto e concepito da Renzo Mongiardino. Fotografia: Sotheby’s

Oggi, l’Hôtel Lambert si appresta a scrivere un nuovo capitolo della sua affascinante storia, grazie al recente acquisto da parte del magnate francese Xavier Niel.

Uno dei tanti angoli dorati dell'Hôtel Lambert. SOTHEBY'S PARIS
Uno dei tanti angoli dorati dell’Hôtel Lambert. SOTHEBY’S PARIS

The Grand Salon. Sotheby's
The Grand Salon. Sotheby’s

a Galerie d’Hercule, con una mise en place che include una zuppiera d’argento donata al conte Orlov da Caterina la Grande. Stima: €700.000–1.000.000
a Galerie d’Hercule, con una mise en place che include una zuppiera d’argento donata al conte Orlov da Caterina la Grande. Stima: €700.000–1.000.000
Vasi di porcellana montati nel Salon Doré © Sotheby's
Vasi di porcellana montati nel Salon Doré . Sotheby’s
Interno dell'Hotel Lambert, per gentile concessione di Sotheby's.
Interno dell’Hotel Lambert, per gentile concessione di Sotheby’s.
Vasi di porcellana montati nel Salon Doré © Sotheby's
Vasi di porcellana montati nel Salon Doré © Sotheby’s

L’asta Sotheby’s

Eustache Le Sueur, 1616 – 1655
Serie di sei pannelli dipinti provenienti dal Cabinet de l'Amour dell’Hôtel Lambert.
Eustache Le Sueur, 1616 – 1655
Serie di sei pannelli dipinti provenienti dal Cabinet de l’Amour dell’Hôtel Lambert.
Un piatto di maiolica italiana datata istoriato, 1545, probabilmente Francesco Durantino, forse nel laboratorio di Guido di Merlino
Un piatto di maiolica italiana datata istoriato, 1545, probabilmente Francesco Durantino, forse nel laboratorio di Guido di Merlino
Un paio di vasi coperti in porcellana cinese montati in bronzo dorato, il periodo Kangxi in porcellana (1662-1722), le cavalcature Régence, circa 1715-1720 con il marchio C incoronato
Un paio di vasi coperti in porcellana cinese montati in bronzo dorato, il periodo Kangxi in porcellana (1662-1722), le cavalcature Régence, circa 1715-1720 con il marchio C incoronato
Giacinto di Rigaud, 1659 – 1743
Ritratto di Pierre Vincent Bertin (1653-1711), olio su tela, 53x 135 cm.
Jean-Honoré Fragonard, ritratto, presumibilmente di Mademoiselle Marie-Catherine Colombe nelle vesti di Venere. Olio su tela, forma ovale 57x46 cm.

Jean-Honoré Fragonard, ritratto, presumibilmente di Mademoiselle Marie-Catherine Colombe nelle vesti di Venere. Olio su tela, forma ovale 57×46 cm.

Medaglione in smalto dipinto di Limoges con il profilo dell’imperatore Vespasiano, Circolo di Léonard Limosin (1505–1577), circa 1550
Medaglione in smalto dipinto di Limoges con il profilo dell’imperatore Vespasiano, Circolo di Léonard Limosin (1505–1577), circa 1550

Coppa in sardonice con montatura in oro, Probabilmente bizantina, VI–VIII secolo. Di forma arrotondata, le montature, incise a motivi di frutti e volute fogliate, sono probabilmente francesi, prima metà del XVII secolo.
Coppa in sardonice con montatura in oro, Probabilmente bizantina, VI–VIII secolo. Di forma arrotondata, le montature, incise a motivi di frutti e volute fogliate, sono probabilmente francesi, prima metà del XVII secolo.
Coppa in agata muschiata con montature in argento dorato e smalti, apparentemente non punzonata, Germania, fine XIX secolo.
La coppa, in agata muschiata dai ricchi colori, è sostenuta da uno stelo a nodi; le montature in argento dorato sono decorate con smalti policromi a motivi di foglie rampicanti e smalti basse-taille. 
Altezza: 4 13/16 pollici – 12,2 cm
Coppa in agata muschiata con montature in argento dorato e smalti, apparentemente non punzonata, Germania, fine XIX secolo.
Cammeo ovale italiano in eliotropio intagliato con il profilo di un imperatore romano, fine XVI o XVII secolo
Cammeo ovale italiano in eliotropio intagliato con il profilo di un imperatore romano, fine XVI o XVII secolo.
Piatto in maiolica di Faenza con fondo berrettino, Faenza, circa 1525–1530.
Piatto in maiolica di Faenza con fondo berrettino, Faenza, circa 1525–1530.
Grande piatto istoriato e araldico in maiolica di Castelli, circa 1650–1700, bottega di Carlantonio Grue.
Grande piatto istoriato e araldico in maiolica di Castelli, circa 1650–1700, bottega di Carlantonio Grue.
Grande specchiera rococò in legno dorato, ottone dorato e parti in argento,
marchio dell’artigiano FP, Praga, 1760
Grande specchiera rococò in legno dorato, ottone dorato e parti in argento,
marchio dell’artigiano FP, Praga, 1760
Coppa e coperchio in avorio tornito dell’area della Germania meridionale,
XVIII secolo. Altezza: 8¼ pollici (21 cm); diametro: 1½ pollici (4 cm).
Coppa e coperchio in avorio tornito dell’area della Germania meridionale,
XVIII secolo. Altezza: 8¼ pollici (21 cm); diametro: 1½ pollici (4 cm).
Piatto circolare in argento parzialmente dorato, Johann Erhard I Heuglin, Augusta, 1691–1695.

Fonti

The Guardian

Harpers Bazaar

AD

Sotheby’s

La collezione e la casa a Tangeri di Umberto Pasti

Umberto Pasti è molto più di un semplice esteta: è un intellettuale, giardiniere, scrittore e collezionista che ha fatto della bellezza una missione. Nato a Milano, ha trascorso la vita viaggiando tra Europa e Marocco, costruendo con pazienza una visione personale del mondo, in cui arte, natura e storia convivono armoniosamente. Pasti è noto anche per il suo impegno nella tutela delle piante autoctone e per il suo legame profondo con la cultura marocchina, che ha saputo reinterpretare con rispetto e originalità nella sua residenza a Tangeri.

Umberto circondato da un mare di gladioli selvatici sulla collina di Rohuna, con vista sull'Oceano Atlantico in lontananza. Foto Ngoc Minh Ngo
Umberto circondato da un mare di gladioli selvatici sulla collina di Rohuna, con vista sull’Oceano Atlantico in lontananza. Foto Ngoc Minh Ngo

La casa di Tebarek Allah: poesia architettonica tra le colline di Tangeri

Situata su una collina che domina il paesaggio marocchino, la casa di Umberto Pasti è un insieme di padiglioni immersi nel verde, pensati come un piccolo villaggio sospeso nel tempo. Gli edifici, restaurati o costruiti da zero secondo i canoni dell’architettura moresca, sono un inno alla contemplazione: archi a ferro di cavallo, colori saturi, stucchi decorati e ambienti intimi, avvolti da una natura rigogliosa.

I salotti di Umberto a Tangeri, i tesori esposti includono piastrelle marocchine, un arazzo fiammingo e un kilim turco. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri, i tesori esposti includono piastrelle marocchine, un arazzo fiammingo e un kilim turco. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri , collezione di maioliche e di ceramiche. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri , collezione di maioliche e di ceramiche. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri , collezione di maioliche e di ceramiche. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri , collezione di maioliche e di ceramiche. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri. Foto Ngoc Minh Ngo
I salotti di Umberto a Tangeri. Foto Ngoc Minh Ngo
Cinerarias e felci nella loggia. Foto Ngoc Minh Ngo
Cinerarias e felci nella loggia. Foto Ngoc Minh Ngo
Nella voce, Pasti ha posizionato una figura mostruosa in marmo del XVIII secolo proveniente dalla regione italiana del Veneto in cima a un armadio dipinto di Fez. "Questo tipo di mobili non esisteva nelle tradizionali case marocchine", scrive. "Costruito utilizzando pezzi esistenti di soffitti, porte e persiane, è stato realizzato per le case dei coloni".
Nella voce, Pasti ha posizionato una figura mostruosa in marmo del XVIII secolo proveniente dalla regione italiana del Veneto in cima a un armadio dipinto di Fez. “Questo tipo di mobili non esisteva nelle tradizionali case marocchine”, scrive. “Costruito utilizzando pezzi esistenti di soffitti, porte e persiane, è stato realizzato per le case dei coloni”.
Nella sala da pranzo, Pasti circondava un primo tavolo vittoriano dall’Inghilterra con sedie americane laccate. Dietro c’è un baule di nozze marocchino del XIX secolo di Tétouan, nel nord del Marocco. Forzieri di speranza come questi, fatti per spose di famiglie benestanti, vengono dal nord, scrive Pasti, perché è lì che “i Moriscos, cacciati dalla Spagna dal XVI secolo in poi, portarono con sé una tradizione di pittura del legno che era stata sviluppata nell’Alhambra e nei grandi centri delle corti andaluse”. Adornò le pareti con piastrelle spagnole del XVI secolo e marocchine del XVIII secolo.

La collezione: 150.000 oggetti per narrare un mondo interiore

Umberto (a destra) e il suo compagno Stephan nel salotto di Milano. Il dipinto è dell'artista spagnolo del XIX secolo Manuel Rodríguez de Guzmán.
Umberto (a destra) e il suo compagno Stephan nel salotto di Milano. Il dipinto è dell’artista spagnolo del XIX secolo Manuel Rodríguez de Guzmán.

La casa di Pasti è anche un museo privato, una wunderkammer in cui si incontrano epoche e civiltà. Tessuti berberi, piastrelle del Cinquecento, ceramiche Meissen, mobili biedermeier e arte popolare marocchina si fondono in un’armonia sorprendente. Nulla è disposto a caso, ogni oggetto ha un motivo, un significato, un ruolo nella composizione finale. Questo collezionismo non è ostentazione, ma racconto: ogni pezzo è memoria, geografia, affetto, una tessera di un mosaico affascinante e multiforme.

Nel salotto di Umberto a Milano, due tavoli napoletani del XVIII secolo sono ricoperti di reperti archeologici. Un dipinto dell'artista italiano Antonio Joli raffigura Castel Sant'Angelo a Roma.
Nel salotto di Umberto a Milano, due tavoli napoletani del XVIII secolo sono ricoperti di reperti archeologici. Un dipinto dell’artista italiano Antonio Joli raffigura Castel Sant’Angelo a Roma.
La libreria e il salotto di Umberto Pasti  a Milano.
La libreria e il salotto di Umberto Pasti a Milano.

Lo studio della casa di Milano di Umberto Pasti.
Lo studio della casa di Milano di Umberto Pasti.
Salotto di Umberto Pasti  a Milano.
Salotto di Umberto Pasti a Milano.

La collezione eclettica  di Umberto Pasti  a Milano.
La collezione eclettica di Umberto Pasti a Milano.

Collezione di reperti e di maioliche di  Umberto Pasti  a Milano.
Collezione di reperti e di maioliche di Umberto Pasti a Milano.

Nel salotto di Umberto Pasti  a Milano.
Nel salotto di Umberto Pasti a Milano.
La sala da pranzo presenta un lampadario portoghese e mobili americani del XIX secolo.
Another whale bone, in this case a skull, and an assortment of painted tiles, decorate this seating corner.
Another whale bone, in this case a skull, and an assortment of painted tiles, decorate this seating corner. 
Questa suite per gli ospiti si chiama Camera Algerina, in onore, spiega Pasti, del paese da cui proviene la maggior parte dei suoi arredi. Due eccezioni sono il letto austriaco e il tessuto dietro di esso, un tipo di arazzo di velluto chiamato haiti, che in genere era appeso nelle vecchie case marocchine.
Questa suite per gli ospiti si chiama Camera Algerina, in onore, spiega Pasti, del paese da cui proviene la maggior parte dei suoi arredi. Due eccezioni sono il letto austriaco e il tessuto dietro di esso, un tipo di arazzo di velluto chiamato haiti, che in genere era appeso nelle vecchie case marocchine.

I giardini di Tebarek Allah e Rohuna: un Eden ritrovato

Parallelamente alla sua attività estetica, Pasti ha costruito due straordinari giardini botanici: uno a Tangeri e l’altro a Rohuna, nell’entroterra. Tebarek Allah è un labirinto verde che accoglie oltre 5.000 specie, tra cui piante aromatiche, rampicanti esotiche, alberi da frutto e fiori rari. A Rohuna, invece, ha salvato centinaia di piante minacciate dall’urbanizzazione, creando un’oasi in equilibrio tra paesaggio, conservazione e arte. Questi giardini non sono solo luoghi di bellezza, ma anche spazi di resistenza culturale e ambientale, un dono alla natura e alla comunità.

I fichi sul fianco della collina incorniciano la vista sul mare, con gigli bianchi della Madonna e calcitrapa rosa della Centaura sotto. Molte delle piante indigene qui sono state salvate dai cantieri intorno a Tangeri. Ngoc Minh Ngo
I fichi sul fianco della collina incorniciano la vista sul mare, con gigli bianchi della Madonna e calcitrapa rosa della Centaura sotto. Molte delle piante indigene qui sono state salvate dai cantieri intorno a Tangeri. Ngoc Minh Ngo
Iris planifolia fiorisce da novembre a febbraio, tappezzendo la collina con i suoi fiori a bassa crescita. Ngoc Minh Ngo
Iris planifolia fiorisce da novembre a febbraio, tappezzendo la collina con i suoi fiori a bassa crescita. Ngoc Minh Ngo
Narcissus papyraceus (paperwhite narciso) cresce in deriva sotto gli alberi di fico. Ngoc Minh Ngo
Narcissus papyraceus (paperwhite narciso) cresce in deriva sotto gli alberi di fico. Ngoc Minh Ngo
Gli alberi incorniciano una vista estiva sul mare da una delle terrazze vicino alla casa. Le punte di Echium fastuosum raggiungono il cielo, mentre i gigli rossi e bianchi si distinguono in un groviglio di vegetazione. Ngoc Minh Ngo
Gli alberi incorniciano una vista estiva sul mare da una delle terrazze vicino alla casa. Le punte di Echium fastuosum raggiungono il cielo, mentre i gigli rossi e bianchi si distinguono in un groviglio di vegetazione. Ngoc Minh Ngo
Gli iris marocchini fioriscono sulla collina in successione durante tutto l'anno, tra cui filifolia.  Ngoc Minh Ngo
Gli iris marocchini fioriscono sulla collina in successione durante tutto l’anno, tra cui filifolia. Ngoc Minh Ngo
I. tingitana è sempre più raro in natura man mano che la terra viene persa a causa dello sviluppo. Ngoc Minh Ngo
I. tingitana è sempre più raro in natura man mano che la terra viene persa a causa dello sviluppo. Ngoc Minh Ngo
La macchia di taglio in estate, dove le piante crescono alte e sali. Ngoc Minh Ngo
La macchia di taglio in estate, dove le piante crescono alte e sali. Ngoc Minh Ngo
Cosmo e dalie si intrecciano per creare una foschia di colore. Ngoc Minh Ngo
Cosmo e dalie si intrecciano per creare una foschia di colore. Ngoc Minh Ngo
Il giardino dell’inglese comprende agrifogli rosa, l’ariosa Nicotiana mutabilis e la minuscola malva Tulbaghia violacea. Ngoc Minh Ngo

Fonti

House & Garden

The New York Times

1stDibs

La casa e la collezione di Barnaba Fornasetti

Barnaba Fornasetti è nato nella casa di famiglia, un edificio costruito dal nonno nella periferia milanese dell’epoca. Il nonno, imprenditore nel settore delle macchine per scrivere, aveva costruito una vita borghese e sperava lo stesso per il figlio, Piero. Ma Piero Fornasetti aveva altri piani: dichiarava di essere nato artista e non contemplava alternative.

Dopo una iniziale opposizione, il padre cedette e gli costruì uno studio all’interno della casa. In quello spazio Piero avviò la sua stamperia d’arte e successivamente la produzione Fornasetti, trasformando l’abitazione in un luogo ibrido tra famiglia e creazione.

Barnaba Fornasetti  nella stanza della musica, specchio Piccolo Coromandel e divano finto bambù anni Cinquanta, design Fornasetti. Foto Danilo Scarpati
Barnaba Fornasetti nella stanza della musica, specchio Piccolo Coromandel e divano finto bambù anni Cinquanta, design Fornasetti. Foto Danilo Scarpati
La stanza Nuvole, attualmente adibita agli ospiti, era la camera da letto 
di Piero Fornasetti e di sua moglie Giulia. Disegni originali per la carta da parati Nuvole di Cole & Son e il comò vintage Palladiana. Specchio ovale italiano del XVIII secolo, foto Danilo Scarpati per Living
La stanza Nuvole, attualmente adibita agli ospiti, era la camera da letto 
di Piero Fornasetti e di sua moglie Giulia. Disegni originali per la carta da parati Nuvole di Cole & Son e il comò vintage Palladiana. Specchio ovale italiano del XVIII secolo, foto Danilo Scarpati per Living
Uno scorcio del salotto con in primo piano i disegni erotici di Piero Fornasetti. Foto Barnaba Fornasetti
Uno scorcio del salotto con in primo piano i disegni erotici di Piero Fornasetti. Foto Barnaba Fornasetti

Crescere dentro un’opera d’arte

Barnaba è cresciuto in questo ambiente senza rendersi conto della sua unicità. La quotidianità era immersa nella creatività, ma per lui – bambino solitario – era semplicemente “l’acqua” in cui nuotava, come nella celebre metafora di David Foster Wallace. Attorno a lui prendevano forma idee e oggetti, in un clima in cui la dedizione del padre e il supporto della madre erano elementi centrali e costanti.

Ritratto di Barnaba Fornasetti appoggiato al fortepiano realizzato per l’opera Il  Don Giovanni, nel 2016. Si tratta di una riproduzione fedele - con decori originali - dello strumento utilizzato da Mozart, costruito da Paul McNulty, tra i migliori produttori di copie di pianoforti antichi, foto Danilo Scarpati per Living
Ritratto di Barnaba Fornasetti appoggiato al fortepiano realizzato per l’opera Il Don Giovanni, nel 2016. Si tratta di una riproduzione fedele – con decori originali – dello strumento utilizzato da Mozart, costruito da Paul McNulty, tra i migliori produttori di copie di pianoforti antichi, foto Danilo Scarpati per Living

La necessità di un altrove

Negli anni Settanta, Barnaba sentì il bisogno di allontanarsi dalla Casa e da quel mondo così definito. Visse una fase di ribellione e sperimentazione, cercando la propria autonomia attraverso esperienze diverse e lavori vari. Eppure, nonostante la distanza, il richiamo della creatività – e della Casa – non smise mai di farsi sentire. Alla fine degli anni Ottanta, fu Piero a chiedere al figlio di tornare: aveva bisogno di aiuto. Fu l’inizio di un dialogo nuovo, più profondo, che portò a una collaborazione vera e propria. Padre e figlio iniziarono a capirsi, forse per la prima volta, e intrapresero un lungo passaggio di consegne che avrebbe definito il futuro di Barnaba e quello dell’universo Fornasetti.

Barnaba Fornasetti nella biblioteca accanto alla scrivania Riga e Squadra, foto Danilo Scarpati per Living
Barnaba Fornasetti nella biblioteca accanto alla scrivania Riga e Squadra, foto Danilo Scarpati per Living

Casa Fornasetti: un archivio vivente

Una sala quadreria con opere solo di Piero Fornasetti è adibita a sala riunioni. Al soffitto il lampadario di conchiglie fatto da Giulia Fornasetti.Foto Barnaba Fornasetti
Una sala quadreria con opere solo di Piero Fornasetti è adibita a sala riunioni. Al soffitto il lampadario di conchiglie fatto da Giulia Fornasetti.Foto Barnaba Fornasetti

Oggi, anche se la produzione è stata trasferita altrove, Casa Fornasetti resta il cuore simbolico e creativo del progetto. Per Barnaba è molto più di una dimora: è un archivio, un rifugio, una struttura in continua trasformazione. Lui stesso la definisce “la manifestazione del tempo”, capace di custodire storie, mutamenti e perfino – dicono alcuni – presenze misteriose. La casa è stata teatro di incontri creativi, discussioni politiche, salotti letterari. È un luogo che unisce pensiero e immaginazione, sospeso tra epoche diverse ma ancorato a una visione coerente. Per Barnaba, rappresenta il manifesto vivente del linguaggio Fornasetti: un’estetica colta e trasversale, che rifiuta le categorie rigide e si muove tra memoria e visione, senza mai fermarsi nel presente.

foto Danilo Scarpati per Living
Sul tavolo della cucina, una serie di gatti in ceramica decorata, originariamente realizzati alla fine degli Anni 50 e rieditati in occasione della Design Week milanese, foto Danilo Scarpati per Living
Le ceramiche Fornasetti rivestono il caminetto del soggiorno, mentre il tavolo da cocktail è della collezione Armistizio. Foto Andrea Ferrari
Le ceramiche Fornasetti rivestono il caminetto del soggiorno, mentre il tavolo da cocktail è della collezione Armistizio. Foto Andrea Ferrari
La camera da letto. Foto Barnaba Fornasetti
La camera da letto. Foto Barnaba Fornasetti
Il tavolo, le sedie e le piastrelle del pavimento della zona pranzo presentano il motivo Ultime Notizie di Fornasetti, le stoviglie sono del motivo Architettura e lo specchio convesso è della serie Litomatrice. Barnaba ha disegnato la chitarra Fender Stratocaster e alla parete è appeso un quadro del padre degli anni Trenta. Foto Andrea Ferrari
Il tavolo degli anni Cinquanta nell’ufficio di Barnaba è frutto della collaborazione tra suo padre e Gio Ponti. Le sedie e il tappeto Roubini sono entrambi disegni di Fornasetti. Foto Andrea Ferrari
Il tavolo degli anni Cinquanta nell’ufficio di Barnaba è frutto della collaborazione tra suo padre e Gio Ponti. Le sedie e il tappeto Roubini sono entrambi disegni di Fornasetti. Foto Andrea Ferrari
La scala di congiunzione tra il piano terra e il primo piano con carta da parati Mediterranea di Cole & Son, foto Danilo Scarpati per Living
Il lungo corridoio che collega il grande locale mensa di giorno e sala delle feste di sera. Foto Barnaba Fornasetti

La collezione

Casa Fornasetti, oggi sede creativa e archivio, è un luogo che racchiude oggetti, memorie e testimonianze di una storia artistica lunga decenni. È lì che sono nati pensieri, prodotti e intuizioni. Tra le stanze spicca la “stanza della musica”, dove si trovano pezzi iconici del design Fornasetti: lo specchio Piccolo Coromandel e un divano finto bambù degli anni Cinquanta.

La collezione di dischi con la postazione da DJ e la chitarra Fender Stratocaster. Foto Barnaba Fornasetti
La collezione di dischi con la postazione da DJ e la chitarra Fender Stratocaster. Foto Barnaba Fornasetti
I ripiani della nicchia nella camera rossa. Tutti i titoli dei libri contengono la parola “rosso”. In basso, libro con le biografie dei ghigliottinati francesi.Foto Barnaba Fornasetti
I ripiani della nicchia nella camera rossa. Tutti i titoli dei libri contengono la parola “rosso”. In basso, libro con le biografie dei ghigliottinati francesi.Foto Barnaba Fornasetti

Le stanze della casa sono state attraversate da figure centrali del Novecento italiano, tra cui De Chirico, Sassu, Campigli – artisti che si recavano da Piero Fornasetti per far stampare le proprie opere. Il padre di Barnaba si era infatti specializzato nelle tecniche di stampa, mosso da una passione vulcanica per la sperimentazione. La produzione di mobili decorati d’arte prese forma in quegli anni, anche grazie all’incontro decisivo con Gio Ponti, che portò a numerosi progetti straordinari, tra cui la fondazione dell’atelier.

Ritratto di donna con pugnale del XVI secolo e la ricostruzione di una viola inglese, particolare strumento con dodici corde di risonanza.Foto Barnaba Fornasetti
Ritratto di donna con pugnale del XVI secolo e la ricostruzione di una viola inglese, particolare strumento con dodici corde di risonanza.Foto Barnaba Fornasetti
Tenda con stampa di acrobati. Sulla scrivania contenitori per candele profumate ora riciclati per gli strumenti da disegno e i pennelli.Foto Barnaba Fornasetti
Tenda con stampa di acrobati. Sulla scrivania contenitori per candele profumate ora riciclati per gli strumenti da disegno e i pennelli.Foto Barnaba Fornasetti

Gli ambienti della casa sono intrisi di memoria, e oggi ospitano non solo la storia della famiglia, ma anche una collezione densa di oggetti, prototipi, opere e pezzi unici che testimoniano l’evoluzione del linguaggio Fornasetti. Ogni stanza, ogni arredo è un frammento di questa narrazione, una parte viva di un’eredità culturale e creativa che ancora oggi continua a espandersi.

Nicchie nella sala della musica. La mano del David regge una matita a simulare il marchio F. Madonna spagnola in legno del XV secolo. Foto Barnaba Fornasetti
Nicchie nella sala della musica. La mano del David regge una matita a simulare il marchio F. Madonna spagnola in legno del XV secolo. Foto Barnaba Fornasetti
Collezione di prismi, sfinge in vetro e teste di bambole giapponesi in porcellana. Foto Barnaba Fornasetti

Un’Eredità in Movimento

Oggi la casa non è solo custode del passato, ma anche matrice di nuovi significati. Ospita una collezione fatta di prototipi, oggetti unici, documenti e mobili decorati d’arte, che continuano a parlare un linguaggio colto, ironico e fuori dagli schemi. Ogni elemento – arredo, dettaglio, forma – racconta la continuità di un pensiero visivo che vive sospeso tra memoria, identità e futuro.

Il fortepiano, fedele riedizione, nel decoro, di quello suonato a Praga da Mozart per la prima del Don Giovanni. Foto Barnaba Fornasetti
Il fortepiano, fedele riedizione, nel decoro, di quello suonato a Praga da Mozart per la prima del Don Giovanni. Foto Barnaba Fornasetti
La venditrice di farfalle, tempera su legno di Piero Fornasetti del 1938. Obelisco Litomatrice. Foto Barnaba Fornasetti
Una piccola vetrina-installazione con oggetti di varia provenienza. Foto Barnaba Fornasetti.
Una piccola vetrina-installazione con oggetti di varia provenienza. Foto Barnaba Fornasetti.
Personaggi in legno dipinto portati da viaggi in Africa. Foto Barnaba Fornasetti
Personaggi in legno dipinto portati da viaggi in Africa. Foto Barnaba Fornasetti
La camera da letto, con la tappezzeria Chiavi segrete e disegno a penna di Piero Fornasetti. Foto Barnaba Fornasetti
La camera da letto, con la tappezzeria Chiavi segrete e disegno a penna di Piero Fornasetti. Foto Barnaba Fornasetti
Disegni incorniciati di Piero Fornasetti esposti vicino alla scala. Foto Andrea Ferrari
Disegni incorniciati di Piero Fornasetti esposti vicino alla scala. Foto Andrea Ferrari
Uno scorcio del giardino con sedie in ferro battuto disegnate da Piero Fornasetti per la villa sul lago di Como. Foto Barnaba Fornasetti

Fonti

Living

AD Italy

Harper’s Bazaar

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