Hubert de Givenchy era un uomo di straordinaria eleganza, discrezione e raffinatezza — qualità che hanno permeato non solo le sue creazioni, ma anche il suo modo di essere. Nato in una famiglia aristocratica nel 1927 a Beauvais, in Francia, Givenchy coltivò fin da giovane un gusto innato per la bellezza, l’armonia e la misura. Questi tratti lo hanno reso una figura unica nel mondo della moda del Novecento.

La sua personalità era contraddistinta da una naturale gentilezza e riservatezza. Non amava i riflettori sulla sua persona, preferendo lasciare che fossero le sue creazioni a parlare. Questa sobrietà lo rese molto apprezzato da muse e clienti illustri, prima fra tutte Audrey Hepburn, con cui condivise un rapporto artistico e umano profondissimo.

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Con lei, Givenchy espresse il lato più poetico della sua creatività, basata su una visione della femminilità elegante, delicata ma mai fragile.
Givenchy era anche perfezionista e meticoloso, qualità che lo resero uno dei couturier più rispettati del suo tempo. Era affascinato dall’equilibrio tra forma e funzione, e il suo stile rifletteva un lusso mai ostentato, ma sempre riconoscibile per la sua purezza e misura.

Foto dal libro Givenchy – Sfilata firstVIEW/Lauchmetrics

Nonostante il successo internazionale, rimase sempre umile e rispettoso della tradizione sartoriale francese, portando avanti un’idea di moda come forma d’arte e di servizio verso la donna. Era affabile ma riservato, carismatico senza essere invadente, un vero “gentiluomo della moda”.

Hôtel d’Orrouer e la sua collezione
Nel cuore del settimo arrondissement di Parigi, al civico 78 di rue de Grenelle, si trova uno degli edifici più affascinanti del panorama aristocratico parigino: l’Hôtel d’Orrouer.

Costruito nel 1732 in pieno stile Régence, questa residenza signorile venne scelta nel 1986 da Hubert de Givenchy come dimora cittadina, diventando negli anni a venire un vero e proprio rifugio estetico, oltre che una dichiarazione vivente del suo gusto inconfondibile.
Lo stilista, noto per la sua eleganza sobria e il culto delle proporzioni, acquistò inizialmente il secondo piano dell’edificio, all’epoca appartenente a Susan Gutfreund, e intraprese un restauro minuzioso che durò sette anni. Successivamente ottenne anche il pianterreno, dando forma a uno degli ambienti abitativi più sofisticati e armoniosi della Parigi contemporanea.

All’ingresso, una grande porta verde scuro — tonalità prediletta da Givenchy — introduceva in un mondo silenzioso, dove l’equilibrio tra arte, architettura e design si manifestava con naturalezza. L’interno dell’Hôtel d’Orrouer non era un museo, ma un ambiente vissuto, costruito con passione e precisione.
Ogni stanza raccontava una storia fatta di arte moderna e arredi antichi, combinati con un senso della misura rarissimo.

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Nelle sale più ampie spiccavano sculture di Giacometti e bronzi dorati del XVIII secolo, accanto a tele di Picasso, Miró, de Staël e Kurt Schwitters. Il celebre “salon sur cour”, affacciato sul cortile interno, accoglieva i visitatori in un equilibrio perfetto tra forza materica e leggerezza formale: qui, mobili Régence dialogavano con tappeti Aubusson e una console che un tempo era appartenuta a Coco Chanel.


La collezione di Hubert de Givenchy era un’estensione naturale del suo stile personale. Le sedute — più di quattrocento solo in questa residenza — erano spesso rivestite con pelli naturali, stoffe ispirate a Georges Braque, o tessuti semplici ma preziosi, selezionati con l’aiuto degli stessi artigiani che realizzavano i suoi guanti.
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La palette cromatica si muoveva in tonalità contenute e raffinate: verdi salvia, bianchi morbidi, neri vellutati e accenti dorati. Nulla era lasciato al caso. Ogni oggetto, ogni quadro, ogni candelabro aveva una provenienza precisa, una genealogia riconosciuta, e veniva scelto non solo per la bellezza formale ma per la storia che portava con sé. Le girandole di Thomire, i candelabri di Gouthière, le commode Boulle e i mobili firmati Diego Giacometti — con le loro evocazioni animali e le superfici lavorate — contribuivano a creare una narrazione coerente, colta e insieme intima.

L’Hôtel d’Orrouer, per Givenchy, era più che una casa: era il suo manifesto privato. Lì si rifletteva la stessa visione che aveva definito i suoi abiti: rigore e semplicità, eleganza senza ostentazione, un gusto nobile ma accessibile. In quelle stanze silenziose, tra parquet antichi, specchi veneziani e dipinti moderni, si sentiva il battito lento di una Parigi che non ha fretta di cambiare, e che attraverso figure come Givenchy ha saputo custodire l’arte di vivere con grazia.
Château du Jonchet
Nelle tranquille campagne della Valle della Loira, tra paesaggi dolci e silenzi densi di storia, sorge il Château du Jonchet, una tenuta del XVI secolo situata lungo le rive del fiume Aigre.


Questo castello rinascimentale, sobrio ed elegante, divenne la dimora prediletta di Hubert de Givenchy, un rifugio fuori dal tempo dove lo stilista poteva coltivare un’estetica più intima, più silenziosa, ma non meno raffinata. Acquistato negli anni Sessanta, il castello fu restaurato con un senso filologico e artistico quasi maniacale, diventando una perfetta espressione del suo gusto aristocratico ma mai ostentato.



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Il Jonchet non era soltanto una residenza, ma un luogo dell’anima, plasmato nel corso di decenni insieme al compagno di vita Philippe Venet. Ogni ambiente raccontava la loro visione condivisa di armonia tra arte, natura e vita quotidiana. I giardini, progettati con attenzione quasi pittorica, si aprivano in prospettive classiche, costellati da sculture bronzee, urne antiche e figure animali che sembravano vegliare sul paesaggio.

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All’interno, la casa rivelava un’intimità ricercata, calda, colta. Le stanze erano vissute, accoglienti, arredate con una sensibilità che mescolava semplicità e raffinatezza: piccoli bronzi dorati su tavoli in legno cerato, librerie antiche, sedute rivestite in lino, pareti adornate da disegni antichi e tele di grandi maestri come Picasso e Miró.

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Diego Giacometti, amico e collaboratore, firmò molte delle opere che punteggiavano sia gli esterni sia gli interni: cervi, uccelli, figure totemiche che aggiungevano poesia al rigore architettonico della tenuta.


Ogni oggetto, come a Parigi, era scelto per la sua storia, per la sua voce. Ma al Jonchet l’atmosfera era più meditativa, più appartata. Qui Givenchy poteva lasciarsi alle spalle il ritmo della moda e ritrovare il silenzio creativo. Il castello ospitava anche stanze dedicate agli amici più intimi, come l’ala riservata a Bunny Mellon, la celebre giardiniera americana, che vantava una camera luminosa con vista sul giardino e una biblioteca personale.





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Il Jonchet non era un maniero congelato nel tempo, ma un luogo vivo, attraversato dalla luce e dall’arte, dalla natura e dalla memoria. Era l’altra metà della sua anima: se Parigi rappresentava la scena pubblica, il castello era il cuore privato. In quelle stanze immerse nella quiete, tra un giardino fiorito, un tavolo apparecchiato con semplicità, un quadro antico posato sopra una credenza, si ritrovava tutta la filosofia di Hubert de Givenchy: l’idea che la vera eleganza non risieda nell’apparenza, ma nella coerenza tra bellezza, equilibrio e autenticità.
Asta
Nel giugno 2022, Christie’s ha organizzato un’asta straordinaria dedicata alla collezione personale di Hubert de Givenchy, raccogliendo oltre 1.200 lotti provenienti dalle sue residenze di Parigi e della Valle della Loira. Più che una semplice vendita, è stata una celebrazione della bellezza silenziosa e senza tempo che ha definito l’estetica di Givenchy per tutta la vita.

BATTENTE DA PORTA, CIRCA 1975-1980
In bronzo patinato

Fauno con lancia
Pietra nera su carta
164,5 x 131 cm

ARREDAMENTO DA SALOTTO DI EPOCA LUIGI XVI, CIRCA 1780

COPPIA DI CANDELABRI D’EPOCA TRANSIZIONE, CIRCA 1765-1770

OROLOGIO “AUX DAUPHINS” DI EPOCA LUIGI XV, DATATO 1747
![JOAN MIRÓ (1893-1983)
Il Passaggio dell’uccello migratore
Firmato, datato e inscritto "MIRÓ. 29/I/68 LE PASSAGE DE L'OISEAU MIGRATTEUR [sic]" (sul retro)
Olio su tela
194,5 x 129,5 cm
Dipinto il 29 gennaio 1968](https://traraccolteevendite.altervista.org/wp-content/uploads/2025/07/2022_PAR_21549_0013_000joan_miro_le_passage_de_loiseau-migrateur095109-960x1440.jpg)
Il Passaggio dell’uccello migratore
Olio su tela
194,5 x 129,5 cm
Dipinto il 29 gennaio 1968
![ALBERTO GIACOMETTI (1901–1966)
Femme qui marche [I]
Firmata e numerata 'Alberto Giacometti III/IV' (sulla base)
Bronzo con patina bruno scuro
Altezza: 150,5 cm
Ideata tra il 1932 e il 1936; questo esemplare è stato fuso nel 1955 dalle fonderie Fiorini e Carney in un’edizione di 4 esemplari più una prova d'artista, oltre a due altre prove e due prove nominative fuse successivamente.](https://traraccolteevendite.altervista.org/wp-content/uploads/2025/07/2024_NYR_23141_0037A_007alberto_giacometti_femme_qui_marche_d6509412012616-960x1230.jpg)
Femme qui marche [I]
Bronzo con patina bruno scuro
Altezza: 150,5 cm

Cervo sdraiato, modello creato nel 1964
Bronzo patinato.

Ritratto a mezzo busto di un dignitario indiano
Olio su tela
76,4 x 63,5 cm

Uomo seduto con chitarra (Man with guitar) Terracotta.

Uccello da giardino, 2006-2008. Bronzo patinato.

Tavolino d’appoggio “Boutons”, modello creato intorno al 1960,
In bronzo patinato, ferro battuto e vetro

Fauni e testa di donna
Matite colorate e grafite su carta
51 x 66 cm Eseguito ad Antibes il 1° novembre 1946

Comò di epoca Luigi XVI, circa 1775-1780

COPPIA DI POLTRONE DI EPOCA RÉGENCE

Orologio detto “Aux Parques de Mr Coustou” di epoca Luigi XIV, circa 1700

Coppia di girandole monumentali della fine dell’epoca Luigi XVI, circa 1790-1800

Donna, uccello, stelle
Acquerello, pastello, penna e inchiostro di Cina su carta
31 x 23,9 cm, 1942.
Fonti



























































































































































































































































































































